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Sereni: per salvare la sanità servono più risorse e non solo

06 Novembre 2025

Lettera di Marina Sereni a "il Sole 24ore"

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Egregio Direttore, il Ministro Schillaci difende la Legge di Bilancio tornando a proporre i dati assoluti degli stanziamenti per il Fondo Sanitario Nazionale e contestando come indicatore significativo la percentuale rispetto al Pil. Nel caso specifico, in Italia dal 2023 al 2026 il fondo sanitario pur aumentando in valori assoluti di 19,6 miliardi, scende rispetto al Pil dal 6,3 al 6,16. In altre parole il Ssn ha subito un "taglio nascosto" di 17,5 miliardi e la distanza tra il nostro Paese e la media europea si è allargata drammaticamente. Questo dato è incontrovertibile. Così come purtroppo sono incontrovertibili altri due dati, che ci vengono dal Mef e dall'Istat: la spesa privata "out of pocket" ha raggiunto una cifra - questa sì record! - di oltre 41 miliardi di euro mentre 5,8 milioni di persone nel 2024 hanno rinunciato a curarsi per difficoltà economiche. Le liste d'attesa non si stanno riducendo, le diseguaglianze sociali e territoriali crescono, la frustrazione e il malessere dei professionisti sanitari non accennano a diminuire, come dimostrano i pensionamenti anticipati, le dimissioni volontarie e la fuga all'estero di medici e infermieri. Le Regioni più virtuose, le più efficienti e quelle che investono di più sulla sanità pubblica, sono sempre più spesso costrette a ricorrere a risorse proprie e a chiedere un contributo ai cittadini se vogliono evitare di tagliare i servizi. A questo proposito resta da chiarire un punto: il Documento Programmatico di Finanza Pubblica 2025 prevede una percentuale di spesa pubblica rispetto al Pil più alta di quanto stanziato nella Legge di Bilancio. Un certo gap è sempre esistito perché la spesa sanitaria pubblica comprende anche altre destinazioni rispetto al finanziamento del Ssn. Ma le voci citate dal Ministro per giustificare questo gap - come le attività dell'Istituto Superiore di Sanità, dell'Agenzia Italiana del Farmaco, il Fondo per la ricerca sanitaria e altri programmi nazionali di prevenzione e assistenza - complessivamente rappresentano un ammontare piuttosto limitato rispetto al Fsn (nell'ordine di poche centinaia di milioni complessivi). Mentre in questi ultimi anni quella differenza si è andata significativamente allargando, raggiungendo differenze percentuali sul Pil che corrispondono a 6,8 miliardi per il 2026, 7,6 per il 2027 e 10,7 nel 2028. Resta dunque legittima la domanda su chi dovrà coprire quella differenza. Il bilancio dell'azione del Governo sulla sanità è del tutto negativo. La Legge di Bilancio 2026 non rappresenta in nessun modo una svolta. Non solo perché non si inverte con decisione il trend di spesa ma anche perché manca di visione e ambizione e di prospettiva di medio periodo, visto che le risorse assegnate per il 2027 e 2028 sono risibili. Per salvare il Ssn pubblico, universalistico, improntato a valori di equità e solidarietà, servono molte più risorse, un'azione che punti a rendere nuovamente attrattive le professioni sanitarie nel pubblico, e un serio programma di riforme strutturali. A partire da quella della medicina territoriale e di prossimità che richiede il concorso e la partecipazione di tutte le professioni, del Terzo Settore, degli amministratori locali e dei cittadini. Solo con una forte e diffusa medicina territoriale sarà possibile realizzare iniziative efficaci di prevenzione primaria e secondaria, dare risposte integrate ai bisogni sociali e sanitari delle persone anziane e con disabilità, rispondere alle domande di giovani e famiglie alle prese con disagio psicologico e disturbi mentali, tutelare la salute delle donne. È indispensabile per questo far funzionare davvero le Case della Comunità, avvicinare la risposta di cura alle case delle persone, incrementare l'assistenza domiciliare e la telemedicina, rafforzare i finanziamenti sulla salute mentale, aumentando professionisti e strutture, e mettere risorse sulla non autosufficienza perché non si possono lasciare le persone e le famiglie da sole di fronte alle fragilità. Anziché porre alle Regioni mille vincoli nell'uso delle risorse, rilanciamo la programmazione sanitaria nazionale e costruiamo un nuovo Piano Sociosanitario Nazionale, coinvolgendo le Regioni e tutti gli attori necessari. Sulla Legge di Bilancio, come sempre, presenteremo in Parlamento le nostre proposte emendative con le relative coperture. Ci auguriamo che almeno questa volta sia possibile avere un confronto serio e costruttivo con il Governo e con la maggioranza. Perché il Ssn è un patrimonio di coesione sociale e di democrazia che non possiamo permetterci di perdere.


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