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Mirabelli: l'uso privato di beni confiscati alla mafia è pericoloso

08 Luglio 2024

“Il protocollo di accordo firmato il 1 luglio dall’Agenzia per i beni confiscati e il ministero dell’Agricoltura che destina parte dei terreni confiscati alle mafie a singoli affittuari privati è sbagliato e pericoloso perché apre la strada ad un utilizzo privato dei beni confiscati, diverso da quello sociale stabilito dalla legge Rognoni-La Torre, facendo venir meno il principio della restituzione alla collettività di ciò che la mafia ha tolto. Per questo sulla questione abbiamo presentato un’interrogazione rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo alla Premier di annullare l’accordo”. Lo dice il senatore Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo del Pd e componente della Commissione Antimafia, che ha rivolto alla Premier un’interrogazione sottoscritta anche dai parlamentari dem Verini, Barbagallo, Serracchiani, Rando, Orlando, Provenzano, Valente, che compongono il gruppo Pd nella Commissione Antimafia. “Il protocollo di accordo - spiegano i parlamentari dem nell’interrogazione - stabilisce di riassegnare un primo blocco di 1400 terreni confiscati, sui 9000 a disposizione, a giovani imprenditori del settore agricolo a canone agevolato. Rivolgendosi per la prima volta ad attività di tipo imprenditoriale, il protocollo apre dunque la strada alla privatizzazione nella gestione dei beni confiscati, allontanandosi dall'idea di riuso sociale del bene confiscato come principale strumento della lotta alle mafie e disconoscendo l'importante lavoro fin qui svolto dal terzo settore. Nessuna delle imprese coinvolte, da quanto si legge nella comunicazione ufficiale dell'Agenzia, verrà sottoposta a un codice etico sulle norme per la contrattazione collettiva e contro il subappalto, sul rispetto di vincoli per coltivazioni non intensive, sul rispetto delle norme a tutela dell’ambiente e dell’ecologia locale. Per questo chiediamo alla Premier di intervenire per annullare il protocollo alla luce di vari profili di illegittimità”, concludono.


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