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Armato: “Capii allora che per cambiare il mondo bisognava esserci”. Noi ci siamo

27 Febbraio 2024

Democratiche, si riparte. Il 9 marzo verrà eletta la nuova portavoce della Conferenza delle Donne. Sarà Roberta Mori, consigliera regionale dell'Emilia Romagna, ex portavoce delle Democratiche di quella regione, componente della Direzione nazionale. Questo è l'esito di un lungo percorso iniziato molti mesi fa, circa a metà del 2023, con l'annunciata decisione della portavoce uscente, la senatrice Cecilia D'Elia, di lasciare in anticipo il ruolo e di mettere in moto la macchina congressuale. Non è stato un adempimento formale. Abbiamo iniziato nel 2022 con la modifica del regolamento e poi, più recentemente, con la redazione di un disciplinare per definire le regole. Entrambi i provvedimenti sono stati approvati dal Coordinamento nazionale uscente. Ma soprattutto c'è stata una efficace campagna per favorire le adesioni cui hanno preso parte anche la segreteria e la Segretaria Nazionale e con il coinvolgimento di tutti i territori del paese. Risultato: 14 mila adesioni, il doppio della scorsa competizione. Fino all'ultimo giorno c'è stata in campo una candidatura alternativa, quella della senatrice Valeria Valente, che poi ha ritirato la propria disponibilità aderendo alla volontà di avviare un progetto unitario, come dichiarato da Roberta Mori, la quale poteva comunque contare su un consenso più ampio della sfidante. E anche questo è un bel segnale. Roberta ha presentato una piattaforma, alla quale hanno partecipato in tante, in cui si ribadiscono il ruolo e l'importanza della Conferenza anche dopo l'elezione di una segretaria donna, anzi proprio a supporto della sua politica femminista. Il rinnovo della Conferenza nazionale delle Democratiche è una grande occasione di protagonismo delle donne in maniera autorevole, necessaria per incentivare la partecipazione attiva delle donne nei processi politici interni ed esterni al Pd, incluse elezioni, candidature e ruoli di leadership. La Conferenza deve occuparsi della complessità del mondo in cui viviamo: dai luoghi di lavoro, alle scuole; dalle scelte procreative, all’ecologia; dai diritti civili e sociali, alle istanze dei territori. Ripartire dai territori e dai bisogni delle persone serve a recuperare sulla disaffezione. Metà di questo Paese rinuncia ad esercitare il diritto di voto, il primo diritto di un sistema democratico. L’astensionismo - in buona parte femminile - impoverisce la vita del Paese. 14 mila donne e ragazze – di cui moltissime non iscritte - hanno scelto la Conferenza per contribuire al cambiamento della società e del Partito democratico. Le donne possono farlo. Non possiamo arretrare sulla parità e l’autodeterminazione, risultato della nostra lotta; questi traguardi vanno tutelati e consolidati, e per farlo bisogna formare le nuove generazioni e proseguire il nostro percorso di emancipazione, libertà e autonomia. Dalle piazze del 25 novembre, le donne chiedono di realizzare le parole d’ordine della Convenzione di Istanbul: prevenzione, protezione, punizione e politiche integrate. E l’unica soluzione possibile è la Pace, sia come rifiuto della violenza maschile, ma anche l'orrore per tutte le guerre. Il 2022 è stato l’anno record per investimenti bellici a livello globale, risorse spese per causare morte e distruzione, mentre mancano risorse per sanità, sociale, scuola e cultura. Le prossime elezioni europee saranno l’occasione per riaffermare il ruolo dell’Europa e per ribadire l’Europa che abbiamo in mente. Un progetto politico fondato sulla pace e la solidarietà, sul rifiuto di ogni forma di discriminazione, sulla parità tra donne e uomini. Per farlo, si deve anche promuovere una Conferenza Internazionale delle Donne per la Pace nel Mondo. Per il Gender equality index pubblicato dell’EIGE, l'Italia resta fanalino di coda in Europa per quantità e qualità dell’occupazione femminile: le donne lavorano poco e quando lo fanno hanno orari, paghe, contratti peggiori. Queste ragioni spiegano il calo demografico che il governo pensa di risolvere con bonus e politiche una tantum. La leadership femminista assunta da Elly Schlein nel campo delle forze progressiste rappresenta una vera e propria fase costituente e rigenerativa della nostra missione. La battaglia per il lavoro è anche una battaglia femminista: per la qualità del lavoro per donne e uomini, per il salario minimo legale, per contrastare le disparità salariali, per la riduzione dell’orario di lavoro e per una redistribuzione dei tempi di vita e di lavoro più equilibrati, per la sicurezza sul lavoro, per pensioni dignitose, per conquistare un lavoro adeguato a parametri umani per donne e uomini. Serve un grande piano per l'assistenza agli anziani, per raggiungere la quota europea del fabbisogno soddisfatto di asili nido, maggiore copertura economica per i congedi parentali, estendendo i congedi paterni obbligatori e non cedibili. Il pensiero e lo sguardo delle donne sul mondo può consentirci di dire la nostra sugli attuali modelli di sviluppo, sull’organizzazione del mondo del lavoro, sulla questione climatica, sulla sostenibilità ambientale e sulla transizione ecologica, sullo sviluppo urbano, su come vogliamo vivere o morire, sulla transizione digitale e sull’innovazione tecnologica, sulla politica estera. Ora più che mai, le parole di Tina Anselmi devono accompagnare l'impegno politico delle donne: «Capii allora che per cambiare il mondo bisognava esserci». Noi ci siamo.


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