Registrati

Privacy

Informativa ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. La raccolta e il trattamento dei dati sono effettuati limitatamente ai fini connessi alla gestione operativa e amministrativa del servizio. I dati sono trattati con strumenti informatici e telematici e non saranno comunicati a terzi. Il titolare del trattamento è AreaDem.
* Acconsento al trattamento dei miei dati personali
Log in

 
Registrazione al sito - Login al sito

Borghetti: Le Case della Comunità non restino ambulatori

02 Febbraio 2022

Articolo di Carlo Borghetti, Vice Presidente del Consiglio regionale della Lombardia - Commissione Sanità

La recente legge regionale sulla sanità voluta dalla Maggioranza avrebbe potuto trasformarsi in una preziosa occasione per iniziare finalmente a costruire anche nella nostra Regione una vera e propria sanità territoriale, che la pandemia ha confermato essere il punto drammaticamente più debole del servizio sanitario lombardo.
Il Governo Fontana-Moratti ha invece perso l’occasione, avendo confermato l’assetto ospedalocentrico del nostro sistema come nato nell’epoca formigoniana e tale rimasto dopo la riforma Maroni, e non avendo avuto il coraggio di dare ai servizi territoriali una autonomia gestionale, funzionale e di budget come invece è nelle Regioni in cui la sanità di prossimità funziona meglio che in Lombardia, come certificato da precisi indicatori, e come ben sa ad esempio chi in questi giorni è costretto a lunghe code per fare un tampone o ad attendere spesso giorni per averne l’esito dalle strutture pubbliche.
Dal governo nazionale ci viene però un’opportunità che non va assolutamente persa e che -nonostante la mancata riforma regionale- può restituirci in un futuro prossimo quella sanità territoriale che oggi ci manca: grazie alle risorse europee del Recovery Fund, l’ormai celebre PNRR porterà anche la nostra Regione a realizzare le Case della Comunità previste per tutto il territorio nazionale, e va sottolineato che l’iniziativa non nasce a Palazzo Lombardia come si sente spesso dire. La sfida qui è più difficile rispetto alle Regioni che hanno già strutture di questo tipo, da noi inesistenti ad oggi, ma è una sfida ancora tutta da giocare e che dobbiamo vincere.
Di cosa si tratta? Le Case della Comunità, territorio per territorio, dovranno essere luoghi dell’integrazione socio-sanitaria e della presa in carico globale della salute dei cittadini, con particolare riguardo ai fragili e ai cronici. Dovranno essere ben più che poliambulatori specialistici, perché al loro interno oltre a servizi ad esempio cardiologi, diabetologi o ginecologi, e oltre alle attrezzature per gli esami e la diagnostica, si dovranno trovare servizi infermieristici, servizi riabilitativi, servizi sociali e consultoriali svolti da figure come assistenti sociali e psicologi, come previsto da una mozione delle minoranze approvata recentemente in Consiglio regionale in considerazione dell’aumento del disagio psichico che si sta registrando.
E poi queste Case dovranno essere il luogo delle Cure Primarie in capo ai Medici di Famiglia, che vista la loro progressiva carenza dovranno integrarsi e fare rete con le Case e i loro servizi, sia che essi vi trasferiscano i loro ambulatori sia che li mantengano nei loro attuali studi diffusi sul territorio.
Tutto questo chiama in causa anche i Sindaci e gli amministratori locali, che devono chiedere alla Regione e alle aziende sanitarie di potersi sedere al tavolo della programmazione per integrare finalmente i servizi sociali di livello comunale con i servizi sociosanitari e sanitari delle Case della Comunità. Non solo: siccome sono previste Case di tipo Hub (principali) e di tipo Spoke (collegate), e la loro realizzazione sarà “spalmata” su oltre due anni, i Sindaci devono chiedere chiarezza sui cronoprogrammi di realizzazione e sulle risorse strumentali e umane che saranno attivate, consapevoli che sul fronte delle risorse umane c’è il punto più delicato di tutta questa vicenda, che chiama in causa responsabilità anche del Governo.
Non ultimo, poi, Sindaci e Regione devono costruire una collaborazione virtuosa con il Terzo Settore, che più di altri ha dimostrato da anni di esser capace di gestire l’integrazione sociosanitaria specie per minori, anziani e persone con disabilità. Insomma, una sfida grande, ma decisiva per il futuro prossimo della salute dei lombardi.


Commenta... oppure


torna su

Agenda

DoLuMaMeGiVeSa
1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30 31

Rassegna stampa