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Venezia, città fragile e affaticata all’ombra dei riflettori - intervento di Pier Paolo Baretta sul Corriere del Veneto

12 Settembre 2021



Una straordinaria coincidenza di eventi esalta, in queste settimane, il fascino di Venezia. Tanta voglia di ripartenza, in questi simbolici 1600 anni di vita della città.

Gli effetti sono benefici e l’immagine di Venezia si rilancia alla grande, come è giusto che sia. In questi giorni di pieno (albergatori e commercianti vedono finalmente un po’ di luce) ci si gode lo spettacolo ed è giusto così… 

Dietro le quinte, però, la scena è diversa. Una città stanca, affaticata nella sua quotidianità; che risente della mancanza di una progettualità, di una regia.

Il ritorno massiccio dei turisti giornalieri (ben accetto dopo più di un anno di assenza!) ha riproposto subito i vecchi irrisolti problemi dell’accesso di massa a una città fragile. Il sindaco rilancia senza successo gli inutili tornelli e insiste con l’hub a san Giuliano, che, oltre a un clamoroso conflitto di interessi che riemerge sull’area dei Pili, interferisce con la destinazione dell’area a parco e attività sportive. 

Mentre sfrecciano i motoscafi dei vip, il servizio pubblico di mobilità lagunare fa… acqua da tutte le parti. Una vertenza sindacale che si trascina da mesi non è una buona scusa per la cattiva qualità del servizio cui i veneziani sono costretti. La strada praticata dal Comune per fronteggiare l’emergenza è affidare senza gara ad un privato (uno solo!)  parti  della linea. Una privatizzazione strisciante?

Nel frattempo, la città si spopola. Cinquantamila? O forse molti meno, come sembrerebbe dalle liste sanitarie.

Anche a Mestre lo spopolamento è in atto. Sei anni fa Brugnaro aveva fatto promesse spettacolari. Invece il Comune continua a tenere sfitte centinaia di abitazioni di sua proprietà e non ha un piano di rilancio della residenzialità.

Il governo vieta il passaggio delle grandi navi da San Marco, migliorando di molto ambiente e immagine, ma complicando la vita ai lavoratori del porto. Il Sindaco, abitualmente chiassoso, tace. Tattica politica o rassegnazione?

L’elenco è lungo: Marghera, il farwest di via Piave, la crisi commerciale di Mestre; la annosa questione dei parcheggi auto a Venezia, la fine delle agevolazioni Covid a Mestre e così via.

Due città convivono, dunque, con vite parallele. La spettacolarizzazione da un lato, il disordine dall’altro. La grande Venezia, città del mondo, la piccola Venezia dei veneziani e dei mestrini. È una separazione che non piace e che non convince. 

Bisogna evitare che le due realtà si scontrino o peggio si ignorino. E il rischio è già in atto. Un esempio: nella città insulare la costante discesa dei residenti comporta una progressiva riduzione dei servizi ai cittadini (negozi di necessità, addetti alle manutenzioni, trasposti pubblici).

Al tempo stesso l’afflusso massiccio del turismo «mordi e fuggi» richiede servizi igienici, food, trasporti… e quello convegnistico-culturale alberghi, conference rooms, catering… servono tante persone (pendolari!) e ingenti risorse.

Vite parallele nella stessa città. Come viene ripartito il Pil così prodotto?  Secondo esempio: la insicurezza di una buona parte delle strade di Mestre sta deprimendo le possibilità e la voglia di ripresa e finisce per isolare le iniziative propulsive come, ad esempio, la presenza della università e il tentativo in atto di rilancio dell’M9. 

Messa così, che interesse possono avere i mestrini alla grande Venezia delle mostre e delle sfilate?

La grande Venezia sembra brillare di luce propria. Ma per quanto potrà reggere questa separazione di destini? Non aspettiamo «la grande ombra d’autunno» evocata da Diego Valeri, quando sarà già tardi per reagire.

Le risposte le conosciamo. Solo restituendo a Venezia la sua identità di città, ripopolata e pienamente viva e funzionante per i suoi residenti vecchi e nuovi; solo facendo della cultura non solo una serie prestigiosa di eventi, ma un sistema  produttivo, integrato e coordinato; solo diversificando le attività economiche oltre il turismo, ridando fiato alle specificità di Murano e delle isole, di Marghera e Mestre, in una prospettiva di tradizione e innovazione, possiamo unire i destini delle due città in un progetto di futuro non effimero. 

Quante volte, in questi sei lunghi anni di amministrazione, abbiamo sentito queste parole e questi progetti e quante volte siamo stati delusi dalla loro mancata realizzazione.

Non è un buon argomento per desistere. È un buon argomento per cambiare.


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