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L`Italia sia la prima a riaprire anche cinema e teatri. Sono luoghi sicuri - intervista a Dario Franceschini del Corriere della Sera

22 Febbraio 2021

Il ministro dei Beni Culturali: proporremo al Cts misure integrative, potrebbero esserci biglietti nominativi e tracciabilità




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La chiusura di cinema, I teatri e sale da musica è stato un dolore «però inevitabile», ma «vorrei che noi fossimo il primo Paese d`Europa a riaprire». Il ministro della Cultura Dario Franceschini ritiene che «l`operazione va fatta né con i proclami, né con gli annunci, ma per passi possibil i». E quindi si pensa a «biglietti nominativi, Ffp2, distanziamento». Peri danni economici provocati dal calo degli spettatori chiederà «interventi consistenti da inserire nel decreto Ristori». 


Ministro Dario 
Franceschini, sulla nomina di Gabriel Zuchtriegel a Pompei è nata una dura polemica con le dimissioni di due membri del Consiglio scientifico del Parco Archeologico. Come risponde?

«La terna è stata scelta da una commissione internazionale di altissimo livello presieduta da Marta Cartabia che ha selezionato i curriculum e indicato tre nomi. Come prevede la norma, ho scelto Zuchtriegel conoscendo la valutazione positiva della commissione e il lavoro importantissimo svolto a Paestum che tutti gli riconoscono».


C`è chi dice che ha solo quarant`anni. Per Stefano De Caro, uno dei due dimissionari, non ha i titoli sufficienti in restauro per affrontare Pompei.

«L`età è un elemento a favore, non contro Zuchtriegel. Per il resto, rispetto tutte le opinioni: mi prendo la responsabilità della scelta e si giudicherà nel merito dei risultati, sono convinto che saranno ottimi. Le stesse polemiche ci furono nel 2015 quando venne nominato a Paestum: dissero che era un giovane archeologo tedesco inesperto. E polemiche ci furono per tutti i direttori stranieri. Quando si innesta un cambiamento, se è vero, provoca resistenza. Se nessuno resiste, significa che è un cambiamento finto. Le direzioni scelte con la selezione internazionale hanno ottenuto eccellenti risultati con un lavoro di squadra che ci ha riconosciuto tutto il mondo della cultura anche internazionale».


Come va la riapertura dei musei nelle zone gialle?

«Nel 2019 più del 50% del turismo era straniero. Quando ti scompare il turismo straniero e cala la mobilità interna tra regioni, i numeri crollano. Abbiamo dato un segnale preciso di ottimismo guardando al futuro della cultura. Le riaperture sono state graduali perché ciascun museo ha diverse caratteristiche per assicurare la necessaria sicurezza: distanziamento, contingentamento dei numeri, mascherine, igienizzazione degli ambienti, accessi diversificati. Si è scelto di non aprire nel weekend, tema che dovremo affrontare: nei fine settimana ci potrebbero essere problemi di affollamento, come si è visto ai Musei Vaticani. Stiamo ragionando perché progressivamente, nelle condizioni di massima sicurezza, si vada alla riapertura di tutti i luoghi della cultura».


A questo proposito, i dati per lo spettacolo sono drammatici, come testimonia la Siae: nel 2020 il 7o% di eventi in meno, un calo degli ingressi del 72,90%...

«La chiusura di teatri, cinema e sale da musica è stato un dolore, ma inevitabile. Abbiamo cercato di accompagnare con misure straordinarie, attraversando questo deserto, i tanti mondi legati al cinema, al teatro, alla musica sostenendo imprese e lavoratori. Una realtà che non ha mai conosciuto ammortizzatori sociali ha avuto la cassa integrazione per i dipendenti e sostegni per i tanti lavoratori precari o intermittenti. Un lungo elenco di interventi che non bastano, lo so perfettamente: li sto riproponendo in modo consistente per il nuovo decreto Ristori. Finché non lavorano, occorre sostenere gli operatori del settore al di là del tipo di contratto che avevano. Ma ora bisogna ragionare della riapertura».


Riaprire? Come? Quando?

«Non voglio coprirmi dietro la scelta di altri Paesi, anzi. Però, ad oggi, teatri e cinema sono chiusi in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Portogallo. Ma siccome l`Italia è l`Italia vorrei che fossimo i primi a riaprire. L`operazione va fatta non con i proclami né con gli annunci ma per passi possibili».


Lei passa per una persona molto attenta alle regole anti-Covid. La sicurezza è indispensabile...

«E una assoluta priorità. Ma in questi mesi abbiamo capito che i luoghi più pericolosi sono quelli dove ti togli la mascherina: ristoranti, bar, case private. Nei teatri e nei cinema, già nella riapertura estiva, c`erano misure di sicurezza molto rigide che si sono rivelate efficienti: mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani, sanificazione dei locali».


Come e quando deciderete?

«Ho chiesto al Comitato tecnico-scientifico un incontro urgente per proporre le misure di sicurezza integrative su cui Itanno lavorando le organizzazioni di categorie e che Mi consegneranno domani (oggi per chi legge, ndr). Potrebbero essere i biglietti nominativi, la tracciabilità delle persone, le mascherine Ffp2. Mi confronterò poi collegialmente col governo, perché non sono certo 
io a decidere da solo, e col Cts per individuare tempi e modalità. Però penso che teatri e cinema, con severe e adeguate misure, siano più sicuri di altri locali già aperti oggi. E credo che l`Italia, più di altri Paesi, abbia bisogno come l`ossigeno di tornare ad avere un`offerta culturale.
Lo ha detto bene il presidente Draghi. Le città italiane senza teatri e cinema e le piazze senza musica sono più tristi: così l`Italia non è l`Italia. Come è stata fatta un`eccezione per le librerie, inserite tra i primi servizi a riaprire per una evidente ragione culturale, spero si pos- sa fare lo stesso ragionamento per i luoghi dello spettacolo».


Questo governo è composto da forze fmo a ieri in dura contrapposizione politica. La formula funzionerà davvero? Durerà?

«Sentiamo tutti sulle spalle la grande responsabilità di 
portare il Paese fuori da questa crisi, di aiutare le famiglie e le imprese, di superare la pandemia e di organizzare al meglio la campagna di vaccinazione al di là del colore politico al quale rimaniamo fedeli. Quindi sono certo che ce la faremo».


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