La disabilità è una delle cause principali di marginalità. Le pensioni di invalidità rimangono inadeguate, nonostante le intenzioni dichiarate e i buoni propositi.
Siamo lontanissimi dallo spirito della Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone con disabilità, ancora in larga parte inattuata.
L’Onu, nei suoi periodici rapporti, sostiene che l’Italia non è un Paese a misura di disabile. Tra le ragioni: i fondi scarsi, il clima discriminatorio e le barriere architettoniche.
Da tempo, ormai, la normativa italiana in materia, si dimostra superata. Le pensioni di invalidità non garantiscono dignitose condizioni di vita. Inoltre, situazioni diverse, ricevono un analogo trattamento economico, violando i principi costituzionali. Più precisamente, l’invalidità sopravvenuta dovuta all’anzianità, viene da sempre equiparata alla più complessa invalidità dalla nascita o dalla prima infanzia. Un sistema nato per sostenere persone affette da gravi patologie, come le malattie neuromuscolari o altre gravi limitazioni fisiche e intellettive, è stato nel corso degli anni, snaturato ed utilizzato anche per affrontare il decadimento fisico connesso all’avanzare dell’età.
Recentemente, con la storica sentenza del 23 giugno 2020, la Corte costituzionale ha stabilito che la pensione d’invalidità non è sufficienti a soddisfare i bisogni primari. Ciò contrasta con l’art. 38 della Costituzione.
È stato, quindi, affermato che il cosiddetto “incremento al milione” - pari a 516,46 Euro - da tempo riconosciuto per vari trattamenti pensionistici, debba essere assicurato anche agli invalidi civili.
Tuttavia questo adeguamento non basta per il trattamento assistenziale dei disabili gravi e gravissimi che è assimilato a quello di una comune invalidità dovuta alla vecchiaia, generando forti violazioni della Costituzione e non facili problemi pratici.
Pertanto, sfruttando le risorse del Recovery Fund occorrerebbe un assegno mensile per disabili gravi e gravissimi che vada ad integrare la pensione d'invalidità con la finalità primaria di garantire a queste persone una vita dignitosa, una più decisa integrazione sociale, lavorativa e scolastica, nonchè la possibilità di assumere stabilmente un badante 24h su 24.
Si fa esclusivo riferimento ai disabili dalla nascita o dalla prima infanzia, riconosciuti non autosufficienti ai sensi dell’art. 3, comma 3 della legge 104/1992, nonchè a coloro che sono divenuti tali a seguito di grave sinistro o sopraggiunta malattia, non dovuta al decadimento fisico connesso all’anzianità.
Oltre a quanto precede, sarebbe indispensabile, altresì, la concomitante sussistenza di almeno una delle seguenti, ulteriori, minorazioni fisiche:
E’ una battaglia di civiltà!