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Coronavirus Zanda: ma nessuno pensi di chiudere il Parlamento - intervista de la Repubblica

06 Marzo 2020

Ci sono stati errori seri di comunicazione, che si è dimostrata non essere il forte di Palazzo Chigi

Il senatore Luigi Zanda, numero 3 del Pd, è categorico: nulla giustifica la sospensione della democrazia, neanche la guerra al coronavirus.
Che timori ha senatore?
«Di questi tempi assistiamo a un conflitto tra lo stato d`eccezione dettato dall`emergenza, che permette un uso molto largo dei poteri, e il rispetto dello stato di diritto, che regola la convivenza civile. Ebbene il primo deve sempre trovare un limite nel secondo: si tratta di mettere d`accordo Carl Schmitt e Hans Kelsen».
È un dilemma di filosofia politica che dura da un secolo: come si cala nel dramma coronavirus?
«Una democrazia, anche in presenza di eventi di gravità eccezionale, deve sapere che esiste un confine invalicabile. Perciò il Parlamento e così pure la stampa e i grandi servizi pubblici non debbono chiudere mai».
Neppure di fronte a un`epidemia globale come questa?
«Proviamo a distinguere. Una emergenza di tale portata consente senz`altro l`adozione di misure straordinarie come la chiusura delle scuole, che è un intervento corretto e prudenziale. Come pure è giusto che sia stato il governo a decidere perché, in una fase tanto delicata, la catena di
comando deve essere chiara».
Non le sembra però che il governo, specie sulla chiusura delle scuole, abbia mostrato incertezze e alimentato confusione?
«Ci sono stati errori molto seri di comunicazione, che si è dimostrata non essere il forte di Palazzo Chigi».
Intanto il Parlamento è già semichiuso: d`ora in poi l`assemblea alla Camera si riunirà un giorno solo.
«Il Parlamento può rallentare i propri lavori oppure sospenderli brevemente per disinfestare le aule e gli uffici, ma deve restare sempre aperto, in grado di riunirsi in ogni momento. Non facciamo scherzi».
Ma perché? Tanti eletti vengono dalle aree più colpite, l`incolumità pubblica, evitare la diffusione del contagio, non dovrebbe venire prima di tutto il resto?
«Il Parlamento è il luogo della democrazia, è il punto di riferimento di tutti gli organi dello Stato e da esso derivano i poteri del governo. Non possono esserci eventi straordinari che ne interrompano l`attività: anzi, quanto più il Paese è a rischio, tanto più deve funzionare. Anche per dichiarare lo stato di guerra serve una deliberazione delle Camere. E sono sempre le Camere a conferire al governo i poteri necessari. Lo dice l`articolo 78 della Costituzione».
C`è chi sta pensando a uno stop?
«Spero di no. E non voglio neppure dar retta alle stravaganze fantasiose sul voto telefonico o online dei parlamentari. Si vota solo in Aula».
Nessuna deroga?
«No. Altrimenti ogni atto sarebbe inammissibile, incostituzionale. Pari a una conversazione da bar».
Si parla sempre più spesso di dar vita a un governo di solidarietà nazionale. Lei ci starebbe?
«Non ho simpatia per iniziative di questo tipo. Io penso che la solidarietà nazionale vada mostrata subito in Parlamento, frenando la polemica politica. Martedì in Senato le opposizioni, anziché votare no, si sono astenute sulla conversione del primo decreto contro il virus: un atto di grande responsabilità».
Ma un governissimo è possibile?
«Una crisi in questo momento sarebbe da folli. Se anche fosse, però, riterrei più probabile nuove elezioni piuttosto che un nuovo governo».
Intanto il Paese si sta fermando. Secondo lei l`Europa ci aiuterà?
«Mai come ora non bisogna perdere di vista l`obiettivo della crescita e dello sviluppo. Ed è l`Europa che deve farsene carico perché l`Italia in recessione sarebbe un problema per tutti, non solo per noi. La Ue deve darci non solo flessibilità per aiutare le imprese che stanno subendo danni dal virus, ma anche consentirci di stanziare risorse molto rilevanti per rilanciare l`economia».


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