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Salvini-Orbán: un patto pericoloso - di Nicola Corea

04 Maggio 2019


 

Qualche giorno fa, a Budapest, è stata suggellata l'alleanza fra i due leader dell’estrema destra europea, Viktor Orbán e Matteo Salvini. Già noto come “patto del filo spinato”, si pone l'inquietante obiettivo di spostare il Ppe a destra in chiave anti-immigrazione.

Il Primo ministro ungherese ha accompagnato Salvini nella visita sulle torri che controllano le due barriere metalliche, alte quattro metri e lunghe centinaia di chilometri, che proteggono il confine ungherese dai “pericolosi” migranti. 

Nella conferenza stampa, al termine dell'incontro, Salvini e Orbán si sono detti convinti che l'Europa abbia bisogno di un’alleanza di partiti contro l'immigrazione. Salvini ha sostenuto che vi è totale identità di vedute tra la politiche per l'immigrazione messe in atto in Italia e quelle in Ungheria: blocco degli arrivi via terra e via mare, no alla redistribuzione dei migranti e revisione degli accordi commerciali con i Paesi extra-Ue che non favoriscono i rimpatri dei loro connazionali. Inoltre, il leader leghista ha sostenuto che, se continua l'alleanza di socialisti e popolari, avremo presto "un califfato islamico" in Europa.

La “nobile” finalità dei due paladini del sovranismo europeo, quindi, non è gestire al meglio l'immigrazione, ma fermarla ad ogni costo e con ogni mezzo. L'idea è quella di riproporre in Europa quanto fatto da Salvini, in Italia via mare, con i porti chiusi e da Orbán, in Ungheria via terra, con il filo spinato.

 Una temibile sceneggiata all’insegna della discriminazione. Liquidati senza giri di parole i principi fondamentali della tradizione culturale europea. Superflua – secondo Salvini e Orbán – l’uguaglianza tra donne e uomini, tra religioni e nazionalità. Superata e sciocca l’accoglienza dei deboli e il sostegno degli ultimi. La priorità è chiudersi in casa, al sicuro, perchè il nemico è ovunque. Tutti piegati all’ordine, all’idea malsana di una famiglia ottusamente tradizionale e all’unica e sola identità cristiana. Non c’è spazio per la diversità, in tutte le sue forme. La parola d’ordine è l’omologazione culturale e sociale. Il trionfo dell’egoismo più sfrenato e disumano.

Alle imminenti elezioni europee, dunque, ci attende una scelta decisiva: il tragico sovranismo dell’ultradestra, con l’Europa che torna alle rigidità conflittuali degli Stati-nazione, con frontiere chiuse e nessuna competenza a Bruxelles sulla sicurezza, oppure l’apertura e la giusta accoglienza tipica della socialdemocrazia europea, con economia sostenibile ed equa redistribuzione della ricchezza.


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