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Bevacqua: le mie domande a Bonaccini

07 Febbraio 2019

Continua il mio impegno per sottrarre al silenzio l’iter in corso del regionalismo differenziato. Dopo i miei interventi relativi alle posizioni dei Presidenti di Veneto e Lombardia, e dopo le due lettere inviate ai Vice Presidenti del Consiglio, Salvini e Di Maio, indirizzo oggi, dopo avere letto una sua nota stampa dell’altro ieri, alcune puntuali domande al Presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini,.

Questa lettera assume, per me, una valenza ulteriore proprio perché Bonaccini e il sottoscritto militiamo nello stesso partito: trattandosi di questioni fondanti e potenzialmente lesive dell’unità nazionale, il dibattitto deve essere aperto e franco in un partito che diciamo essere democratico. Ed io non mi sottraggo.

 

 

Gentile Presidente Bonaccini,

le scrivo in qualità di consigliere regionale della Calabria, iscritto al PD e cofondatore del PD nella mia regione.

Ho letto con molta attenzione le sue dichiarazioni a mezzo stampa relative al percorso di autonomia differenziata, ex art. 116 comma 3 della Costituzione, avviato dall’Emila Romagna.

Da tempo sono uno dei pochi promotori di iniziative finalizzate a mettere al centro dell’agenda politica il tema del cosiddetto “regionalismo differenziato”, a tutt’oggi pressoché assente. Nella mia provincia, in particolare, ho tenuto due incontri con numerosissimi colleghi di Calabria, Molise, Puglia, Campania e Basilicata, che sono sfociati in una mozione consiliare, divenuta oggetto di dibattitto in una seduta ad hoc    

del Consiglio Regionale della Calabria.

 

Non ho difficoltà a riconoscere la diversità del percorso da lei intrapreso: prendo atto che l’Emilia Romagna ha rinunciato alla strada demagogica del preliminare referendum consultivo, individuando, altresì, un numero minore di competenze (rispetto alle 23 possibili) e la necessità di mantenere un sistema di istruzione pubblico, statale e unitario.

Al netto di questi dovuti riconoscimenti, restano, però, tutti i dubbi e le perplessità sui rischi incombenti.

E l’occasione di renderli manifesti mi è data proprio dalle sue recenti affermazioni, laddove lei ribadisce, cito testualmente, che la finalità del percorso autonomista è essenzialmente quello di consentire alle Regioni di competere e programmare “ad armi pari, attraverso strumenti e prerogative adeguate, avendo certezza di risorse nel tempo”.

Ecco, Presidente, il punto è proprio questo: “ad armi pari”.

Secondo la sua personale esperienza, possono le Regioni meridionali competere ad armi pari senza una preliminare perequazione infrastrutturale, senza un Fondo Perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante, senza la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, senza che i fabbisogni standard tengano conto delle numerose variabili socio-economiche che caratterizzano le singole Regioni?

La sua onestà intellettuale non può che rispondere: NO.

Soprattutto, Presidente Bonaccini, nel momento in cui lei afferma che “la questione dirimente non è la battaglia per un euro in più”, è disposto ad essere consequenziale e a rinunciare al cosiddetto “criterio del maggior gettito” per come si sta delineando?

È disposto a convenire con me sulla ingiustizia formale e sostanziale di un criterio che sancirebbe la condanna, per legge, a servizi peggiori per i cittadini delle Regioni più povere? È disposto a dire insieme a me che agganciare le risorse al gettito territoriale è un colpo mortale all’unità nazionale?

Eppure, caro Presidente, potremmo e dovremmo dirlo convintamente insieme.

Perché ci unisce la militanza nello stesso partito e il credere in un nucleo fondante di valori di riferimento. Perché una forza autenticamente progressista non può prescindere dal legare la propria azione ai capisaldi dell’art. 5, del secondo comma dell’art. 3 e del terzo comma dell’art. 119 della nostra Costituzione.

Quando i nostri Padri Costituenti prescrissero la “rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l’effettualità di una eguaglianza sostanziale”, dubito avessero in mente la cancellazione di ogni forma di solidarietà fra le diverse aree del Paese.

Presidente Bonaccini, noi non vogliamo zavorrare le migliori performance del Nord, ma non vogliamo neanche perpetuare ex lege le zavorre che frenano il Sud.

È inutile girarci intorno: criterio del maggior gettito e reale unità del Paese si escludono a vicenda.

Vogliamo ridiscutere il regionalismo per come si è venuto configurando in questi 50 anni? Benissimo, facciamolo: il Sud è il primo a chiederlo. Anzi, è il primo a chiedere quella parità di opportunità che la Costituzione impone e che non si è mai verificata.

Realizziamola. Dopo di che, saremo tutti lieti di partecipare alle possibilità offerte dall’autonomia differenziata.

Ma non prima. 


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