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Martina: basta caricature e dibattiti sulle cene. Il Pd stia con i deboli, non si estinguerà - intervista del Corriere della Sera

20 Settembre 2018

di Monica Guerzoni

«Stop».
 

Dobbiamo ancora cominciare, segretario Maurizio Martina.

«Ma io voglio dirlo subito: basta».
 

È ancora arrabbiato per il mancato invito alla cena di Carlo Calenda, poi saltata?

«Non scherziamo. Il problema non sono i nomi, i presenti o gli assenti».
 

Però l’ex ministro aveva chiamato Renzi, Gentiloni, Minniti e non lei. Non le riconoscono la leadership?

«Fermiamo questo dibattito e ripartiamo dalle cose che contano. Dobbiamo avere un grande rispetto per i nostri elettori, per i militanti, per i tanti che ci credono. Giro l’Italia e le persone ci chiedono di stoppare questo dibattito autoreferenziale».
 

Fatelo presto. Altrimenti ha ragione Calenda, quando dice che il segretario giusto è uno psichiatra.

«Smettiamola con queste caricature e cerchiamo di usare parole differenti. Io voglio andare oltre e faccio appello a tutti quelli che hanno voglia di dare una mano. Usciamo da certe logiche astratte e politiciste che ci hanno fatto male. Senza il Pd non c’è l’alternativa a questa destra che fa paura. Voglio che ogni azione sia all’altezza della sfida e chiedo a tutti di fare questo sforzo».
 

Perché il 60% degli italiani sta col governo, non con voi?

«Nel Paese lo spazio dell’alternativa è più grande di quanto non sembri. Questo governo porta l’Italia all’isolamento ed è diventato lo strumento per far saltare il progetto europeo. Di fronte a un rischio epocale, il Pd non può ridursi alle scene di questi giorni. Deve cambiare passo, migliorare, rilanciarsi».
 

Per Orfini si deve sciogliere, per Calenda si deve autoestinguere.

«Non ci estinguiamo e non ci sciogliamo. Dobbiamo aprirci e costruire un nuovo progetto. Quando si pensa al Pd bisogna pensare alle migliaia di persone che tutti i giorni fanno buona politica, si organizzano nei territori, aprono i circoli e amministrano i comuni».
 

Perché la voce del Pd in Parlamento non si sente?

«Noi dobbiamo assolutamente, anche nelle aule parlamentari, rendere sempre più chiaro il nostro profilo di alternativa».
 

Occupare l’aula contro una fiducia qualsiasi non è scimmiottare il populismo?

«No, dovevamo dare battaglia su due sfide fondamentali, vaccini e periferie. Ma ha detto bene Antonio Polito nel suo editoriale sul Corriere. A dieci anni dalla nascita del Pd il mondo è cambiato, è ora di rimettere a fuoco la sfida democratica ripartendo dai più deboli. Anche per questo presenteremo una controproposta di legge di bilancio».
 

Cosa ci sarà dentro?

«Proposte concrete, partendo da giovanifamiglie e investimenti. Un esempio? L’assegno universale per le famiglie, che costa meno di un quinto della flat tax ed è molto più equo. Le poche risorse che ci sono vanno concentrate sui fondamentali dell’equità e della crescita».
 

Con quale assetto andrete alle Europee?

«Orbàn, Salvini e Le Pen propongono la disgregazione dell’Europa. Noi dobbiamo lavorare per una grande alleanza della nuova Europa, anche dopo il voto, dal Pse, a Tsipras e Macron».
 

Salvini intercetta le paure degli italiani, voi chiamate in piazza I’«Italia che non ha paura». Cioè, le élite?

«Per nulla. Dal palco parleranno cittadini con le loro storie d’impegno. La manifestazione del 30 settembre è fondamentale. Faccio appello a tutti perché ci aiutino ad avere una piazza bella, partecipata, popolare, aperta, che sia il segnale della riscossa. Quello slogan segnala la consapevolezza di dover portare il Paese fuori dalla rabbia e dalla paura, sentimenti veri che io non sottovaluto, ma che voglio sconfiggere».
 

Invece di dividervi su cene e commensali, perché non fate il congresso?

«A gennaio, dopo il forum di progetto di ottobre e l’avvio del percorso congressuale, faremo le primarie. Sceglieranno iscritti ed elettori qual è il nostro comune destino, non le interviste di Martina o di altri dirigenti».
 

Il 1 ottobre lei si dimetterà? E sfiderà Zingaretti?

«Come ho sempre detto, il tema non è cosa fa Martina. Proprio perché sono il segretario non ho alcuna intenzione di parlare di me prima di parlare del Pd».
 

Renzi parla molto di sé e prepara la sua Leopolda.

«Siamo un unico partito, dobbiamo smetterla di evocare rappresentazioni che ci dividono e ci fanno sembrare soggetti differenti. Ci si confronta, ma quando si decidere una linea va rispettata da tutti. Una scorciatoia non c’è».


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