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Rilanciare il centrosinistra per mettere in sicurezza il Paese - dal blog di David Sassoli sull'Huffington Post

19 Luglio 2017



Non è un commento da perdigiorno quello pubblicato su La Civiltà Cattolicaa firma di padre Francesco Occhetta, subito dopo le amministrative:

"Queste elezioni, con il loro valore politico e simbolico, riaprono i progetti sulle coalizioni nazionali. La debolezza programmatica e ideale dei partiti e l'occasione perduta di una legge elettorale che avrebbe favorito alleanze di programma e assicurato la governabilità, costringono il Paese a un regresso di 25 anni".

E non è un richiamo ozioso quello lanciato da Virginio Rognoni sul Corriere della Sera:

"È in corso il tentativo di rilanciare il centrodestra come coalizione di governo; un tentativo difficile ma che c'è ed è agguerrito. Di riflesso il Pd, per la sua storia, è obbligato a prepararsi e a ritrovarsi in un' alleanza di centrosinistra allargata, plurale, capace di confrontarsi con l'avversario di sempre".

L'insofferenza manifestata in settori del Pd nei confronti di una riflessione sulla legge elettorale e sulle coalizioni si mostra ogni giorno che passa incomprensibile. Sembra quasi che a un principio di realtà si sostituisca un principio di caparbietà. Non ci vuole molto a capire che da soli, o in ordine sparso, non si può combattere; che la funzione del Pd non può essere di mera testimonianza di fronte all'aggressività della destra e di Grillo; che rinunciare ad avere un orizzonte di centrosinistra provocherebbe - come già sta provocando - ulteriori frantumazioni e potrebbe rivelarsi un colpo micidiale per il paese; che senza modifiche alla legge elettorale il paese precipiterebbe nell'instabilità.

A queste considerazioni elementari, purtroppo, non si risponde nel merito. Da una parte si rivendica una presunta centralità, mentre dall'altra si rinviano decisioni per lasciarsi le mani libere. La scelta di centrosinistra, invece, non può essere derubricata a stato di necessità. Ciò sarebbe uno strappo violento, come ha spiegato bene il professor Arturo Parisi, perché sarebbe la rinuncia a costruire una posizione di governo per il Paese. Senza disponibilità al dialogo e al confronto non è possibile esercitare leadership democratiche.

Dove sta andando il Pd? E dove il Pd vuole portare l'Italia? Le domande sono sulla bocca di tutti. E dovrebbero tormentare la classe dirigente democratica in un passaggio decisivo come l'attuale.

Alla vigilia della manovra d'autunno e di un periodo di naturale instabilità elettorale, la responsabilità non dovrebbe consentire di fare spallucce. La stabilità del Paese non è un optional. È l'assicurazione, per esempio, per un rapporto di fiducia con le istituzioni europee, che nei giorni scorsi hanno accordato ulteriore flessibilità in cambio di un percorso di riduzione del debito. Senza stabilità, i vantaggi e i passi in avanti raggiunti in anni di sacrifici e battaglie contro le politiche di rigore evaporerebbero, riconsegnandoci un paese esposto e senza protezioni.

Parlare di come si arriva alle elezioni, ragionare su come dare stabilità e concentrarsi sugli sforzi da compiere per non consegnare il Paese nelle mani di sovranisti e grillini, non può essere considerato un fastidio. È la missione dei progressisti. E del Pd che faccia il Pd, come ha richiamato Rognoni.

Non si capisce, inoltre, che altra strada, anche nel tempo del proporzionale, potrebbe imboccare il Partito democratico, con un centrodestra che si sta riorganizzando.

È evidente che la leadership di Berlusconi tornerà a federarlo, anche per rassicurare un mondo "popolare" europeo preoccupato per una eventuale deriva populista della destra italiana. La frantumazione del centrosinistra non aiuterà a separare Berlusconi da Salvini e Meloni, ma incoraggerà Berlusconi a fare Berlusconi. Non comprendere l'euforia che regna negli ambienti di Forza Italia significa non aver fatto i conti con i risultati delle amministrative.

È come se vi fosse un velo che impedisce una riflessione accurata e profonda. D'altronde, ogni passaggio politico, nell'ultimo anno, ha prodotto la medesima cattiva sensazione: che la soluzione ai problemi del Paese sia affidata alla costruzione di assetti di potere. L'esperienza compiuta, dalle elezioni dello scorso anno al referendumpassando per il congresso del Pd fino ad arrivare al dibattito sulla proposta di legge elettorale e ai risultati delle amministrative, dimostra invece che anteporre assetti di potere alla difficile costruzione di un orizzonte politico non aiuta alla soluzione di alcun problema. E per il Pd non vi è orizzonte senza la fatica di coinvolgere la sinistra nella responsabilità del governo.

Siamo ancora in tempo per tenere insieme i pezzi di un ingranaggio che può mettere in sicurezza il Paese? Le ore e i giorni non sono tanti. Per recuperare funzione, leadership e contenuto c'è solo questa torrida estate. Se passerà senza riaprire il dibattito sulla legge elettorale e sulla coalizione possibile, forse sarà troppo tardi.


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