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Spiagge: la Corte di Giustizia Ue blocca la strada delle proroghe alle concessioni - dal blog sull'Huffington Post di David Sassoli

21 Luglio 2016

Il nostro litorale, a differenza di altri, è un bene pubblico. Secondo la Bolkestein, la direttiva europea che dal 2006 regola la libertà di movimento dei servizi ed elimina del tutto il principio del paese d'origine per assumere come riferimento quello dell'uguaglianza di tutti i cittadini dell'Unione, anche le concessioni pubbliche devono andare a gara. Concorrenza, trasparenza e libero mercato ne sono i presupposti. Da molti anni l'incertezza regna sovrana. In particolare, da quando il governo Berlusconi non avanzando la richiesta di eccezione per l'industria balneare ha permesso che la Bolkestein si trasformasse in una spada di Damocle per 30 mila imprese italiane. Un lungo periodo in cui tutti i governi hanno cercato di mettere qualche "pezza", arrivando a introdurre -con Berlusconi prima e Monti dopo- una proroga delle concessioni, "automatica e generalizzata", fino al 31 dicembre 2020. Iniziative dilatorie che hanno alimentato incertezza e bloccato gli investimenti. Non aver seguito l'iter legislativo europeo ha fatto sì che la legge europea sia stata recepita senza che venissero difesi alcuni interessi nazionali. Il caso fa scuola e chiama in causa la superficialità delle classi dirigenti del passato. È per questo che si mostrano penose le critiche di inerzia che il centrodestra rivolge adesso all'attuale governo.

Ma tant'è, rispetto a meccanismi di proroga delle concessioni consentiti dallo Stato italiano, la scorsa settimana è intervenuta la Corte di giustizia dell'Unione europea. La notizia era nell'aria, perché l'avvocato generale, Szpunar, nelle sue conclusioni era stato chiaro: le proroghe delle concessioni demaniali sono in contrasto con il diritto europeo. A ruota con questo presupposto, la sentenza ha aggiunto che lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi previsto dalla legge italiana impedisce di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei candidati. Come dire: chi opera nel mercato deve aver partecipato a gare pubbliche. Tutto perduto, per le imprese che hanno investito, anche da generazioni, nelle attività balneari? 
La nostra, è bene ricordarlo, è un'industria particolare, che corre lungo le nostre coste, da Trieste a Ventimiglia, con caratteristiche che ne fanno una tipologia unica al mondo. Nella stragrande maggioranza si tratta di piccole imprese, a carattere familiare, che operano in regime di concessione pubblica rinnovabile.

Anche la sentenza della Corte di Giustizia lo riconosce, offrendo spunti utili per una riforma attesa da tempo. Se procediamo nella lettura del dispositivo, infatti, troviamo un passaggio che ci consente di organizzare una riflessione e azzardare delle iniziative legislative. Assumiamolo come punto di partenza. Nella sentenza si parla di "motivi imperativi di interesse generale quali, in particolare, la necessità di tutelare i titolari delle autorizzazioni in modo che essi possano ammortizzare gli investimenti effettuati". Qui la Corte osserva che sicuramente l'articolo 12 della direttiva, quello che parla della selezione dei candidati, consente di tenere conto dei motivi imperativi di interesse generale, ma questo non autorizza a concedere le proroghe. Si legge al comma 3 dell'art.12: "Gli Stati membri possono tener conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario".

Una considerazione, dicevamo, che non giustifica la concessione di "una proroga automatica, qualora al momento del rilascio iniziale delle autorizzazioni non sia stata organizzata alcuna procedura di selezione". Sul meccanismo per cui i vecchi concessionari potrebbero rientrare degli investimenti effettuati, i giudici non specificano il meccanismo perché di competenza del legislatore italiano. Escluse le proroghe, dunque, l'unica soluzione plausibile pare essere la restituzione degli investimenti da parte del subentrante. Dopo la sentenza alcuni commenti hanno battuto sulla parte del dispositivo che rimanda al giudice nazionale la decisione di valutare se le concessioni demaniali marittime siano oggetto di un numero "limitato o illimitato" di autorizzazioni, per via della scarsità delle risorse naturali. In caso di risorse illimitate la Bolkestein non sarebbe applicabile. Ma fra i giuristi è noto che la giurisprudenza italiana sia già intervenuta sul punto, evidenziando la limitatezza del numero delle concessioni.

La Corte di giustizia - e questo è il secondo tassello del nostro ragionamento - blocca la strada delle proroghe delle concessioni perché non compatibili con il diritto europeo. E non solo. In questi mesi si era parlato anche della possibilità di un "doppio binario": nuove concessioni non ancora esistenti a gara e vecchie concessioni prorogate per 30 anni (ora ormai impossibile). Di questa eventualità si è parlato anche nei commenti a caldo dopo la sentenza, dimenticando che la Corte sostiene che il rilascio delle autorizzazioni per lo sfruttamento economico delle spiagge deve necessariamente "essere oggetto di una procedura di selezione tra i potenziali candidati", e la gara deve presentare tutte le garanzie di "imparzialità e trasparenza", e offrire un'adeguata pubblicità così come previsto dalla direttiva Bolkestein.

Ma ricapitoliamo le prime informazioni: i risarcimenti sono possibili, proroghe non sono ammesse, coloro che operano nel settore devono aver partecipato a gare. Continuando nella lettura, a questo punto, si apre un capitolo che doveva già essere esplorato se solo vi fosse stata volontà politica e lungimiranza da parte del sistema nazionale. Riguarda i criteri di aggiudicazione delle concessioni e il modo per garantire accesso al mercato senza penalizzare i concessionari uscenti ed entranti. Qui si entra nel campo del cosa fare per giungere ad una soluzione equa. Riprendiamo la lettura da dove l'avevamo lasciata. Gli Stati membri, si legge nella sentenza, "dovranno tenere conto di motivi imperativi di interesse generale quali, in particolare, la necessità di tutelare i titolari delle autorizzazioni in modo che essi possano ammortizzare gli investimenti effettuati". Stabiliti gli opportuni criteri, gli investimenti verrebbero completamente tutelati. L'affermazione non riguarda soltanto meccanismi di buonuscita, ma mette in chiaro che il risarcimento è una soluzione compatibile con la direttiva. Seguendo la filosofia della sentenza, dunque, gli investimenti effettuati potrebbero trasformarsi anche in un test di professionalità ed esperienze. Ingredienti utili per i criteri di aggiudicazione che dovranno essere previsti dal legislatore nazionale per svolgere le gare. La sentenza non impedisce che a vincere sia il progetto migliore e non l'offerta più alta. I criteri di aggiudicazione saranno cruciali.

Azzardiamo alcune ipotesi. Nelle gare pubbliche, ad esempio, potrebbero essere introdotti dei punteggi attribuiti ai diversi criteri: aspetto economico, impatto ambientale, impatto sul territorio, competenze acquisite. Quest'ultimo aspetto non si tradurrebbe in una posizione di vantaggio, ma nel riconoscimento del know how acquisito, come avviene quando si esamina un curriculum. In alcuni Considerando allegati alla Bolkestein - 11 sull'identità linguistica, 32 sulla tutela dei consumatori, 40 sugli obiettivi culturali e sociali - emergono anche alcuni criteri che potrebbero essere declinati per sostenere l'identità culturale del territorio, l'agroalimentare locale, la vendita e la promozione di prodotti Igp. Concentrarsi sui criteri di aggiudicazione potrà essere utile anche per tranquillizzare una categoria che vive da troppo tempo nell'incertezza. In questi anni pochi sono stati gli investimenti in strutture o in semplici attrezzature, con una ricaduta nella qualità dell'offerta turistica. Quale imprenditore non sicuro del futuro della propria azienda spenderebbe, ad esempio, nel rinnovo di lettini, ombrelloni o sedie a sdraio? Non è un mistero che molte aziende specializzate abbiano licenziato il personale e chiuso baracca e burattini. Con la sentenza della Corte di giustizia si apre ora una fase nuova che chiederà realismo, competenza e sincerità. E senza azzeccagarbugli potremmo farcela.

P.S. Alcuni politici e commentatori hanno salutato come una boccata d'ossigeno un emendamento approvato martedì in commissione Bilancio della Camera che considera validi i rapporti pendenti già instaurati, fino a che il governo non abbia attuato la riforma del comparto balneare marittimo. L'emendamento, a mio avviso, serve a tutelare i balneari per un breve periodo perché il governo non potrà tardare ad intervenire per non incorrere in procedure d'infrazione della Commissione europea. In sostanza, quindi, cambia molto poco.


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