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Referendum, Luigi Zanda boccia l'ipotesi spacchettamento: rischio di esiti bizzarri - intervista dell'Huffington Post

11 Luglio 2016

Sul futuro di Renzi "decide il Congresso"

“Sono assolutamente contrario allo spacchettamento del referendum. Non raccoglieremo le firme”. Luigi Zanda, presidente dei senatori Pd, è uno che le parole le misura. In una conversazione con l’HuffPost sul tema dello spacchettamento è tranchant: “Con più quesiti potrebbe raggiungersi un esito bizzarro. Ad esempio, se dividi la riforma in più parti può succedere che venga approvato il nuovo Senato e bocciata la possibilità che sia solo la Camera a dare la fiducia”. Molto netto anche sul tema delle modifiche all’Italicum: “Non prenderemo un’iniziativa per cambiare la legge elettorale”. E se dovessero vincere i no al referendum, dice: “Andare a votare con due leggi elettorali diverse sarebbe una stravaganza. E si alzerebbe il rischio dell’ingovernabilità”.

Presidente Zanda, si può dire che è iniziato il processo di revisione dell’Italicum?

No, non è iniziato. Ci sono istanze sulla legge elettorale che non vanno però tutte nella stessa direzione, le richieste sono diverse. E c’è anche una condizione del Parlamento molto difficile. In questo Parlamento non è semplice trovare maggioranze per leggi di minore delicatezza, figuriamoci per la legge elettorale, che è un provvedimento delicato.

Però Renzi ha detto: se in Parlamento c’è una maggioranza per cambiarla… Non era una apertura, dunque?

Era una descrizione della realtà. L’unico organo che può cambiare l’Italicum è il Parlamento ma, appunto, c’è bisogno di una maggioranza. Personalmente credo che l’Italicum non sia un tabù. Si può affrontare solo se c'è una maggioranza certa e se si hanno chiari obiettivi finali, ovvero garantire governabilità e rappresentanza.

Prenderete un’iniziativa per modificare la legge elettorale, cercando voi una maggioranza su qualche modifica?

Non ho preso in considerazione questa possibilità. E tra l’altro direi che nella scala delle priorità ha precedenza la legge elettorale per il Senato. Quella, per intenderci, per stabilire i criteri in base ai quali sarà composto il nuovo Senato.

A proposito di nuovo Senato e referendum lei è favorevole al cosiddetto spacchettamento dei quesiti?

Assolutamente no. Io non firmerò per dividere in più quesiti una riforma costituzionale che il Parlamento ha votato in un testo unitario. Poi c’è un argomento dirimente che dovrebbe fare chiarezza.

Prego.

L’articolo 138 della nostra Costituzione prevede un procedimento unico per la revisione della Costituzione. Questo procedimento prevede i passaggi nelle due Camere ed eventualmente il referendum se viene richiesto da un certo numero di parlamentari o di cittadini. Ma il procedimento rimane unico. Non mi sembra possibile che il testo venga cambiato nel passaggio dalla fase parlamentare a quella referendaria. Per spiegare meglio la dico anche così: nessuno può sapere che riforma sarebbe uscita se il testo che le Camere hanno approvato intero fosse stato diviso – spacchettato - in più testi. E chiedo ancora: qual è l'autorità competente a stabilire i quesiti che dovrebbero essere sottoposti al referendum?

Dunque, il gruppo del Pd non raccoglierà le firme.

Certamente no.

Se capisco, però questo spacchettamento è anche una mossa politica che consentirebbe di far slittare di qualche settimana o mese il referendum.

Questo non lo so, sto alle ragioni portate da chi raccoglie le firme. Tra queste c’è quella di chi pensa che i cittadini avrebbero maggiore chiarezza nel voto. Non è proprio così, anzi: con più quesiti potrebbe raggiungersi un esito bizzarro. Ad esempio, se dividi la riforma in più parti può succedere che venga approvato il nuovo Senato e bocciata la possibilità che a dare la fiducia sia una sola Camera. Poi c'è un’altra tesi, più politica. E cioè che più quesiti servirebbero a raffreddare il clima politico, ma nemmeno questo mi pare un argomento utile. I referendum, di qualsiasi tipo siano, dovendo rispondere con un sì o un no, sono sempre stati divisivi, anche virtuosamente divisivi. È nella loro natura che, diciamo così, scaldino un po’ il clima politico.

Però presidente, Renzi sul tema ha giocato con l’ambiguità senza pronunciarsi in modo netto per il No.

Il presidente del Consiglio ha scelto una linea istituzionale. Ancora non sappiamo se la questione arriverà alla Corte.

Linea istituzionale anche sul resto. Mi pare che abbia abbassato il tasso di personalizzazione.

Uno degli sport nazionale di questi anni è il termometro sui toni del presidente del Consiglio. Personalmente sono molto più attento alla linea politica, al merito, alla soluzione dei problemi. La situazione dell’Italia e dell’Europa è così seria in questa fase che è necessario far prevalere la discussione sul merito.

Però non dice più “o così o me ne vado”.

L'eventuale risultato negativo del referendum colpirebbe innanzitutto il Parlamento. Ha discusso per due anni della riforma, l’ha approvata in sei letture, mi pare evidente che se la dovesse vedere bocciata dai cittadini sarebbe colpito dal risultato.

Tradotto: si scioglie e si va al voto?

È possibile, ma la vita della democrazia è molto complessa.

Si può votare con due leggi elettorali diverse, Italicum alla Camera e Consultellum al Senato?

Si potrebbe, ma sarebbe un unicum, una stravaganza. E si alzerebbe il rischio dell’ingovernabilità.

Dunque, nel caso sarebbe necessario un governo per la legge elettorale?

Rispondo ribaltando il ragionamento. Al referendum vinceranno i Sì, perché c’è il contenuto forte della riforma e perché gli italiani hanno un grande senso di responsabilità e non possono votare in modo umorale sulla Costituzione. E aggiungo: sarà questa la maggioranza di qui alla fine della legislatura. Non vedo alternative in Parlamento.

Va bene, su un eventuale governo, sceglie la prudenza. Ma sul partito che succede? Renzi resta segretario sia in caso di vittoria sia in caso di sconfitta?

Direi che la vita dei partiti è regolata dai congressi e dunque sarà segretario fino al congresso. Poi, se vorrà restare segretario, dovrà vincere il prossimo congresso.

Ultima domanda, presidente. Al Senato i centristi sono un po’ mossi. Avverte il rischio che la maggioranza sta franando al centro?

Guardi, io vivo questa esperienza politica in modo non diverso da come l’ho vissuta in altre fasi, sin da quando abbiamo il Porcellum. Camera e Senato hanno due maggioranze diverse e in Senato è molto stretta. Per andare avanti, serve molto senso di responsabilità.

Teme l’incidente, già mercoledì al voto sulla riforma del bilancio degli enti locali?

Assolutamente no.


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