INVIATO A MILANO – Pietro Grasso non nasconde le proprie perplessità sulla riforma costituzionale che arriverà a palazzo Madama nelle prossime settimane, anzi lo dice esplicitamente: “Pensavo che fosse pasticciato quello che è venuto fuori…”. Per poi correggersi subito: “Riferisco quello che dicono diversi costituzionalisti”. Ma le perplessità del presidente del Senato rimangono, prima fra tutte sulle nuove regole per l’elezione del Capo dello Stato e sulle funzioni concorrenti tra Stato e Regioni. E per questo, pur ritenendo la riforma “ineludibile” e che non si debba “rinviare ulteriormente”, spiega che anche secondo lui sarebbero necessarie “piccole modifiche”.
Dal palco della Festa nazionale de l’Unità, dove è stato chiamato a svolgere il dibattito inaugurale insieme alla vicesegretaria dem Debora Serracchiani, Grasso non scioglie il nodo che tiene in sospeso governo e maggioranza: l’articolo 2 del ddl Boschi, quello che riguarda l’elezione indiretta dei nuovi senatori, sarà aperto alle modifiche proposte dalle opposizioni e – soprattutto – dalla minoranza del Pd? “Cercherò di decidere nel miglior modo possibile e in assoluta buona fede”, risponde, ricordando che comunque l’articolo andrà sottoposto a un voto confermativo. Il suo invito è rivolto quindi a “trovare una soluzione politica per superare l’impasse“, anche perché se finora “la maggioranza al Senato ha retto”, guardando agli emendamenti presentati finora alla riforma “potrebbe non continuare a essere così”.
Un avvertimento molto sentito da Serracchiani, anche perché è evidente che è proprio sul Pd che ricade la responsabilità dell’intesa. A chi, dalla minoranza del proprio partito, insiste sull’elezione diretta dei prossimi senatori, Serracchiani replica che “nel nuovo Senato andrà a sedere chi è già eletto direttamente dal popolo, presidenti delle regioni, sindaci, consiglieri regionali”. E soprattutto, ricorda che “se è sacrosanto rispettare la minoranza, è anche sacrosanto che si rispetti la maggioranza quando prende una decisione”, soprattutto “quando un partito si assume l’onere del governo”. Sì, quindi, a “modifiche miglioratrici”, ma un fermo no a “quelle che ci farebbero ricominciare da capo”.
La vicesegretaria dem ribadisce l’intenzione di tutto il gruppo dirigente di partire nel cammino della riforma “dall’unità del Partito democratico”, cercando quindi l’autosufficienza della maggioranza anche al Senato. Ma ciò non significa che non ci si rivolgerà anche ad altri: “Siccome si tratta di una riforma importante, che riguarda le regole del gioco – spiega – resto convinta che si debba chiedere il voto a tutte le forze politiche”. Se potrebbe arrivare il voto del nuovo gruppo fondato dall’ex forzista Denis Verdini, a maggior ragione Serracchiani trova “strano che invece la minoranza del Pd voti con le opposizioni per mettere in difficoltà il governo”.