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Agenda Paese 2013: il PD e' pronto

14 Settembre 2012

L'editoriale di Marina Sereni


Pierluigi Bersani ha indicato l'orizzonte programmatico e politico entro il quale intende guidare il Pd da qui al 2013 nel discorso alla Festa di Reggio Emilia. Concludeva con queste parole "...Via dunque le incertezze, via le titubanze, via i timori su questo o quel passaggio che ci sta davanti. Da domani si parte. Noi non abbiamo paura. Di che cosa mai noi dovremmo avere paura? Siamo molto più forti di quello che pensiamo noi stessi! Sappiamo quello che vogliamo. E per quello che è ancora incerto, per quello che non vediamo ancora chiaro del futuro, noi la bussola l’abbiamo! …" Matteo Renzi ha avviato ieri la sua campagna per le primarie del centrosinistra, insistendo sul tema a lui più congeniale del ricambio delle classi dirigenti e riprendendo molti temi del Pd (dal Lingotto ad oggi passando per lo slogan di Dario Franceschini all'ultimo congresso!). I dibattiti tra osservatori si sprecheranno nei prossimi giorni cosi' come i sondaggi: a noi spetta di dimostrare, anche attraverso queste primarie, che il Pd e il centrosinistra sono pronti per governare il Paese e per riportarlo stabilmente in Europa.

 

Se la Bce ha potuto prendere le misure antispread, se la Corte Costituzionale tedesca ha dato il via libera all'ESM restituendo alla politica la responsabilità delle future decisioni, se pur tra tante contraddizioni si cominciano a prefigurare passi avanti verso un'Europa politicamente più forte e autorevole lo si deve anche al cambiamento che il Governo Monti e l'elezione francese di Hollande hanno prodotti negli equilibri politici. Non basta, ma non e' affatto poco ed e' merito del Pd aver aperto questa fase nuova in Italia. E' ingeneroso il giudizio che ieri Renzi ha dato sul recente passato: il centrosinistra ha avuto limiti e commesso errori ma ha sempre messo al primo posto l'interesse generale contrastando una destra che ha fatto dell'egoismo sociale, dei particolarismi, dei conflitti d'interesse il suo tratto dominante.

 

C'e' molta confusione sotto il cielo della politica italiana ed e' oggettivamente difficile catturare l'attenzione e la simpatia di tante persone sfiduciate e preoccupate. Se sapremo parlare all'Italia di progetti e proposte credibili per il futuro avremo fatto un buon lavoro non solo per la nostra parte ma per la democrazia italiana.

I dati economici e sociali non hanno mutato di segno, nonostante le riforme avviate e i sacrifici fatti: l'inflazione cresce, i consumi sono fermi o in contrazione, le aziende in crisi si moltiplicano, il lavoro non c'e'. L'economia reale deve dunque essere la priorità, nell'immediato e nel medio periodo. Il rigore e' un punto di non ritorno per l'Europa e per l'Italia, la spesa pubblica dovrà essere riorganizzata e controllata ancora e per molti anni, ma non potremo tenere i conti davvero in ordine senza far crescere imprese e occupazione.

E' giusto mettere al centro il nodo della produttività del nostro sistema economico ma e' assolutamente fuorviante dare anche soltanto l'impressione che il deficit di competitività del nostro Paese - che c'e' ed e' grande - dipenda da eccessive garanzie per i lavoratori. D'altra parte occorre essere molto chiari con i nostri elettori e potenziali alleati: le riforme di questa stagione potranno essere corrette e migliorate ma non cancellate. E chi oggi promuove il referendum sulla riforma del lavoro e sull'art. 18 mette un ostacolo, che dovremo rimuovere, lungo il cammino della riorganizzazione del campo progressista.

Cambiamento ha detto Bersani a Reggio Emilia: molto dovremo cambiare, e questa e' la sfida della prossima legislatura, per modernizzare il nostro sistema pubblico, per semplificare e alleggerire la burocrazia, per far funzionare meglio le infrastrutture e i servizi, per investire su formazione e innovazione, per dare ai giovani nuove opportunità e tutele. E solo un governo politico può fare questo, creando le condizioni e il consenso per riforme profonde ed efficaci. Per questa ragione la candidatura di Bersani alla premiership e' più forte di tutte le altre, perché rappresenta la garanzia di un progetto politico di una moderna sinistra di governo che, alleandosi con i moderati, si assume la responsabilità di affrontare la difficile eredita' del fallimento del ventennio di Berlusconi e soci.

 

PS: Si sta discutendo molto della frase che Renzi ha rivolto ieri a coloro che nel passato hanno scelto Berlusconi. Gli esperti di orientamenti elettorali ci spiegano da anni che la trasmigrazione da un campo all'altro in Italia (e non solo) e' minima e che mediamente vince chi riesce a mobilitare il maggior numero dei "suoi" elettori. Tuttavia non c'e' nulla di sbagliato nell'ambizione di parlare anche ad elettori moderati, a maggior ragione di fronte allo spappolamento di quello che un tempo era il partito apparentemente fortissimo e solido del Cavaliere. Purché non si perda l'ancoraggio ad alcuni valori e mondi a cui una forza come il Pd non può non fare riferimento. Non basta dirsi di sinistra per tutelare i più deboli, e anzi occorre oggi, in questa crisi, avere il coraggio e la fantasia per cercare nuove ricette. Ma non possiamo aver paura delle parole eguaglianza e solidarietà che oggi in tutto il mondo, dall'Europa agli Stati Uniti ai paesi emergenti, differenziano i conservatori dai democratici e progressisti.

 


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