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Malagiustizia: il caso Mimmo Lucano - di Nicola Corea*

10 Gennaio 2022


 

La sentenza del tribunale di Locri contro Mimmo Lucano e il suo «modello Riace» aveva già fatto inorridire al momento del giudizio con condanne doppie rispetto alle richieste dello stesso Pubblico ministero. Ora, sono note le motivazioni. La sensazione di trovarsi di fronte a uno scandalo giudiziario è rafforzata. Non solo un’ingiustizia, ma un capovolgimento della realtà: della stessa realtà documentata negli atti processuali ampiamente riprodotti, come se i fatti, nel loro passaggio attraverso il labirinto mentale del giudice, mutassero senso e natura, in una metamorfosi mostruosa che rende i protagonisti irriconoscibili per chiunque li abbia conosciuti, da vicino o da lontano.

Così il grande sogno di fare di questo piccolo borgo della Locride un luogo dell’accoglienza dei migranti e insieme di recupero del territorio con la trasformazione del migrante da problema in risorsa territoriale, si rovescia, nella rappresentazione giudiziaria, in sordido esempio di «logica predatoria» in cui il denaro pubblico e i progetti ministeriali d’integrazione figurano come meri strumenti «asserviti agli appetiti di natura personale, spesso declinati in chiave politica», di un sindaco criminale.

Chiunque sia stato anche solo qualche giorno a Riace, e abbia visto quella comunità, ora distrutta, sa quanto pulito fosse quel progetto. I soliti giornali della peggior destra si sono riconosciuti immediatamente in quell’aberrazione giudiziaria, facendola propria. “Libero”, quello che a suo tempo aveva sparato in prima sui migranti che «Dopo la miseria portano malattie» recentemente ha titolato: «La sentenza che inchioda Lucano e la sinistra». Gli fa eco “Il Tempo” con «Lucano derubava i migranti».

Lucano non si è messo nemmeno un centesimo in tasca. Lo scrive lo stesso giudice che «l’ex sindaco sia stato trovato senza un euro in tasca», anche se subito aggiunge che questo «nulla importa» perché lui lucrava comunque, in immagine, successo politico, investimento per la vecchiaia.

A ben guardare i crimini di Lucano si ridurrebbero a tre: l’aver trattenuto più a lungo dei 900 giorni permessi un certo numero di migranti; l’aver investito alcune somme dei sussidi statali in migliorie del contesto (un frantoio, alcune case-albergo) per attrezzare il territorio ad una adeguata abitabilità; aver speso in concerti e spettacoli al fine di attrarre attenzione e turisti nel borgo. Le cose che ogni buon sindaco dovrebbe fare, soprattutto in quelle aree interne a rischio di abbandono di cui tanto si parla e per cui tanto poco si fa. Il tutto con un certo numero di forzature e di violazioni amministrative. Chi lavora in quei contesti sa benissimo che se non si consolida la permanenza nei luoghi, se non si radicano i nuovi abitanti a un tessuto vivo e capace di produrre reddito, le misure di accoglienza sono inutili. Ma ai giudici di Locri non interessa.

 

* Avvocato – Foro di Catanzaro

 

 


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