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Quirinale: Mirabelli candidatura unitaria

10 Gennaio 2022


Per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica, credo che la strada sia quella di mettersi attorno a un tavolo con tutti i leader della maggioranza ma anche dell’opposizione e cercare, in un momento così difficile per il Paese, una candidatura unitaria, riconoscendo che i numeri sono quelli che sono, che il centrodestra ha certamente una forza numerica importante anche se non sufficiente.
Mettiamoci attorno a un tavolo e cerchiamo una candidatura condivisa di una figura autorevole della nostra democrazia, di un convinto europeista.
È evidente che il problema non è fare la guerra a Berlusconi ma se la strada, che per altro ha scelto anche Salvini, è quella di trovare una candidatura in cui tutti si sentano rappresentati, Berlusconi in questi anni è stato un leader di partito e una figura molto divisiva. Per questo noi diciamo che Berlusconi non può essere un’ipotesi che resta su un tavolo in cui si cerca di fare una scelta come maggioranza, sapendo che fare una scelta come maggioranza è importante.
Io sono convinto che questo Governo debba andare avanti perché il Paese ne ha ancora bisogno, in una fase di gestione del PNRR e aggiungo che a breve bisogna trattare le regole europee per non ritrovarci di fronte ad un nuovo patto di stabilità che strozzi il Paese e, quindi, dobbiamo andarci con un Governo forte, con il massimo della credibilità e penso con Draghi Presidente del Consiglio ma anche con una maggioranza che non si può liquefare nel momento in cui si elegge il Presidente della Repubblica, dato che tutti abbiamo detto che vogliamo un Presidente che sia espressione non di una maggioranza di centrodestra o di centrosinistra ma di una ricerca che coinvolga tutto il Parlamento e tutta la maggioranza.

Credo che sulla questione della scuola si sia fatta la scelta giusta.
Abbiamo scelto giustamente una strada con tutte le misure per limitare i rischi.
Abbiamo scelto di tenere aperte l’economia e la vita sociale. Grazie al vaccino, abbiamo quindi potuto fare una scelta diversa rispetto a quella che abbiamo dovuto prendere lo scorso anno, imponendo il lockdown.
Non si capisce quindi perché, con la vita sociale, la vita economica e culturale che abbiamo voluto tenere aperte, adesso bisognerebbe chiudere le scuole e scegliere di ritornare ovunque con la didattica a distanza.
Si sono presi provvedimenti per garantire la sicurezza a scuola, come l’obbligo delle mascherine FFP2, che credo che debba diventare cogente, anche grazie all’impegno del Governo a fornirle gratuitamente non solo agli insegnanti - che devono essere tutti vaccinati - ma anche agli studenti.
C’è poi il tema di mettere in campo tutte le tecnologie possibili per areare le scuole.
C’è il tema dell’assunzione di 35mila insegnanti per far fronte alle eventuali carenze di personale.
Ci sono norme chiare che dicono cosa succede nelle diverse classi se c’è un contagiato.
Con questo pacchetto di provvedimenti, quindi, credo che si possa andare a scuola tranquillamente.
Se ci saranno problemi di contagio, la didattica a distanza sarà una soluzione ma non si può partire dalla didattica a distanza.
Questa generazione di studenti deve poter studiare a scuola - lo abbiamo sempre detto - perché ha questo diritto e dobbiamo fare di tutto per garantirlo.
Penso che ci dobbiamo mettere dentro la logica che ha ispirato tutti i provvedimenti perché non possiamo pensare che ieri sera ci sono stati gli stadi pieni con migliaia di persone, giustamente in tanti hanno rivendicato la possibilità di proseguire le attività economiche, le attività sportive, le attività culturali e quando parliamo di scuola, invece, questo ragionamento non vale più.
Chiudere le scuole e fare la didattica a distanza come scelta prioritaria può penalizzare tante famiglie, tanto più nel momento in cui decidiamo di tenere aperte tutte le attività economiche. Le famiglie che hanno due persone che devono lavorare, infatti, verrebbero penalizzate.
Inoltre, mi permetto di insistere soprattutto sul fatto che c’è una generazione di studenti che negli ultimi due anni ha passato un anno e mezzo fuori dalla scuola e tutti stanno spiegando che il deficit formativo che questo ha prodotto è enorme.
Noi stiamo rischiando di penalizzare oltremodo una generazione.
Se ci sono dei contagiati a scuola, ci sono anche dei protocolli chiari su come comportarsi e ovviamente in quei casi è prevista la didattica a distanza, però la scelta di partenza non può non essere quella di aprire le scuole.
Abbiamo già visto la proposta di iniziare ad andare in didattica a distanza per 15 giorni che poi sono stati prolungati e sono diventati fino a 6 mesi. Credo, quindi, che provare questa strada di frequentazione delle lezioni in presenza sia necessario.
Nessuno sta dicendo che bisogna tenere aperte le scuole in presenza a tutti i costi anche in presenza di numerosi contagi.
È evidente, infatti, che se ci sono contagi, bisogna fare in modo di evitare che si diffondano, così come prevedono i protocolli mettendo la classe in didattica a distanza per 10 giorni oppure mettendo i non vaccinati in didattica a distanza e consentendo ai vaccinati di continuare ad andare in presenza.
Non si tratta, quindi, di far finta di niente ma di avere come opzione di partenza il fatto che si vada a scuola in presenza.
Venerdì scorso hanno già aperto molte scuole e si sono verificate situazioni in cui ci sono stati contagi e si è ripresa la didattica a distanza mentre in altre scuole si è continuato ad andare in presenza perché è stato possibile.
Francamente, non capisco come si possa pensare che la scuola sia un fattore di rischio e di contagio più dello stadio, più delle feste che si sono fatte, più dei ristoranti (dove giustamente stiamo senza mascherina mentre a scuola la mascherina FFP2 va tenuta). Perché la scuola dovrebbe essere più pericolosa di altre situazioni in cui ci sono assembramenti o rischi concreti di contagio?
La scuola in presenza ha un grande valore e dobbiamo provare a preservarlo.



Noi, lo abbiamo detto fin dall’inizio, siamo per la ricerca di una candidatura largamente condivisa, frutto di una riflessione all’interno della maggioranza. Una candidatura che ovviamente, se questo deve essere lo schieramento che la esprime, non può essere di parte né può essere per noi una candidatura che non esprime un chiaro profilo europeista.
La preoccupazione che abbiamo, anche di fronte alla sollecitazione di Salvini di riunire il tavolo per condividere un metodo, è sia inutile. Avendo chiaro tutti, spero, che la candidatura di Berlusconi non è una candidatura che può rientrare dentro a quel percorso di ricerca di una candidatura sostenuta da una larga maggioranza del Parlamento e dalla maggioranza che sostiene il Governo Draghi, perdiamo tempo se apriamo un tavolo e c’è la candidatura di Berlusconi in campo.
Se, invece, vogliamo fare sul serio e cercare non solo all’interno della maggioranza di Governo ma anche all’interno del Parlamento una larghissima maggioranza in un momento difficile per il Paese, in cui abbiamo grandi compiti da espletare nei prossimi anni anche per avere le risorse previste dal PNRR, allora bisogna togliere di mezzo tutte le candidature che possono essere divisive.

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