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Mirabelli: Per attrarre gli investimenti esteri occorre riformare la Giustizia

14 Giugno 2021

Articolo del Sen. Franco Mirabelli pubblicato dal mensile Zona Nove.

In queste settimane, il Parlamento sta iniziando ad affrontare le riforme decisive per poter ottenere e spendere al meglio i soldi che l’Europa ha messo a disposizione per la ripresa, i 230 miliardi del Recovery Fund.
Innanzitutto, le riforme della Giustizia. La lentezza dei processi e della giustizia civile sono un handicap importante per il nostro Paese. Chi vuole venire in Italia ad investire oggi sa che ogni problema o contenzioso giudiziario richiede anni per essere risolto e la necessità di sopportare costi più alti dovuti ai troppi passaggi e alle lunghezze burocratiche. Per questo servono riforme vere, soluzioni concrete per avere tempi certi e sentenze giuste. Per questo bisogna uscire dalle contrapposizioni ideologiche che hanno segnato il dibattito sulla giustizia in questi anni e che qualcuno sta riproponendo, promuovendo referendum che non risolvono nulla ma rischiano di alimentare solo le contrapposizioni e le semplificazioni: contro i giudici, contro i garantisti o contro i giustizialisti.
È invece possibile oggi fare davvero le cose che servono per cambiare la giustizia, perché l’Europa ci stimola, vincolando il sostegno economico alle riforme e perché c’è un Governo di unità nazionale.
È possibile e necessario.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha già previsto di assumere 18mila persone per collaborare con i magistrati nell’ufficio del processo e poter prima di tutto smaltire le pratiche arretrate e ridurre così i tempi.
L’esperienza della pandemia ha molto accentuato l’utilizzo delle udienze da remoto ma soprattutto quello della rete per le comunicazioni, il deposito degli atti ecc. Si tratta quindi di investire, e anche questo fa il PNRR, nella digitalizzazione degli uffici giudiziari e nel rafforzamento delle banche dati e della interconnessione tra di loro per rendere più efficaci le ricerche e le indagini.
Insomma, non serve solo cambiare alcune norme ma, prima di tutto, investire in personale, tecnologie e organizzazione, guardando anche alle buone pratiche che hanno portato diversi tribunali, tra cui il nostro di Milano, a garantire tempi corretti e rapidi dopo aver esaurito l’arretrato.
Le riforme comunque servono.
Serve che per le cause civili si possa incentivare la mediazione e l’arbitrato, evitando che tutto vada a processo e, quindi, ad appesantire una fase che può essere evitata, appunto, favorendo la mediazione per tutti i contenziosi più piccoli, anche aumentare l’importo delle cause (oggi fino a 5.000 €) che possono essere affrontate dal Giudice di Pace può contribuire a sgravare l’attività processuale.
Naturalmente servono riforme anche per il Processo Penale e, anche in questo caso, serve incentivare i riti alternativi al processo, magari guardando anche agli altri Paesi.
In Germania, ogni anno, oltre 200mila cause penali vengono risolte con la giustizia riparativa: un sistema in cui l’archiviazione viene sospesa fino a quando l’imputato non dimostra di aver fatto ciò che gli era richiesto per espiare la pena.
Serve certamente anche stabilire tempi certi per far sì che i processi non durino all’infinito o si rischi di non arrivare a sentenza nell’interesse delle vittime e degli imputati.
La riforma della prescrizione è possibile stabilendo la durata delle diverse fasi processuali e garantendone il rispetto.
Tutto ciò, e molto altro sulla giustizia, può e deve essere fatto in Parlamento nei prossimi mesi.
Si tratta di restituire fiducia e credibilità alla magistratura, dopo le orribili vicende emerse dal caso Palamara, che comunque non possono mettere in discussione il lavoro della stragrande parte della magistratura; serve la riforma del CSM, l’organo di autogoverno della magistratura, e la definizione di un soggetto terzo per giudicare i ricorsi disciplinari sui giudici.
Serve riformare la giustizia, non fare propaganda, non speculare sulle emozioni delle persone.
È vero Brusca ha commesso delitti orrendi e dopo 25 anni di carcere è uscito. Nessuna pena può fare venire meno l’indignazione e la rabbia per ciò che ha fatto. Ma Brusca esce dal carcere perché ha scontato la pena che gli è stata data sulla base di una legge e di una sentenza che ha riconosciuto il fatto che, collaborando con la giustizia, Brusca ha consentito di decapitare Cosa Nostra, evitando altri crimini e portando a centinaia di arresti.
Certamente, è doloroso ma senza la collaborazione dei pentiti la mafia non si combatte.
In questa vicenda non ha vinto Brusca ma lo Stato che, grazie alle proprie leggi e ai magistrati, ha dato colpi durissimi alla mafia.


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