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Elezioni a Roma, Gualtieri: amo la Capitale e posso cambiarla. Diventerà il motore del Paese - intervista de Il Messaggero

17 Maggio 2021




Ha scelto Centocelle, periferia estrema a sudest di Roma. Il quartiere della “Pecora elettrica” incendiata, dei pusher che vogliono spegnere la movida perchè troppa luce in strada impedisce lo spaccio. Ma anche il quartiere delle tensioni sociali, della voglia di ripartire. Come vuole ripartire lui, Roberto Gualtieri, 54 anni, ex ministro dell’Economia e oggi candidato sindaco Pd, come ha spiegato sabato scorso al Parco del quartiere lungo la Casilina, un fazzoletto di paradiso verde con al centro una (irreale) pista di atterraggio, che è la perfetta sintesi delle contraddizioni che caratterizzano questa città.

Un anno fa lei stava scrivendo il Recovery per risollevare le sorti della nostra economia, oggi vuole provarci con Roma. Missione possibile?
«Anche convincere l’Ue a emettere eurobond con cui finanziare investimenti comuni sembrava a molti una missione impossibile eppure ce l’abbiamo fatta. Io sono convinto che dopo tanti anni di declino ci siano finalmente le condizioni per far ripartire Roma e metterla alla guida del rilancio del paese e della svolta verso l’innovazione, la sostenibilità ambientale, la coesione sociale, la buona occupazione a partire da quella giovanile e femminile». 

La squadra, la strategia, gli avversari. Ogni battaglia si prepara tenendo conto di queste tre componenti. Chi farà parte del suo staff, tecnici o politici?
«Nel Pd e nella coalizione è cresciuta in questi anni una nuova leva di amministratori e giovani dirigenti capaci e competenti che sarà tutta in campo. Ma io rivolgerò un appello alle forze migliori del mondo del lavoro, delle imprese, delle professioni, dell’associazionismo, del volontariato, della ricerca e della cultura per essere protagonisti di una nuova stagione di governo e di un grande patto per il futuro di Roma. Voglio costruire un vero e proprio centrosinistra civico perché sono convinto che questa città dispone di un’intelligenza sociale diffusa straordinaria e di eccellenti professionalità da coinvolgere e valorizzare. Per le funzioni di governo sceglieremo le energie migliori».

Carlo Calenda è un avversario acerrimo o un potenziale alleato?
«Mi dispiace che Carlo si sia chiamato fuori dalle primarie. Spero che si renda conto che i cittadini romani vogliono un centrosinistra unito e solidale per rilanciare una città mortificata e mi auguro che contribuisca alla nostra sfida sostenendo la mia candidatura fin dal primo turno. Ogni divisione è un favore alla destra e all’attuale amministrazione».

Ora la strategia. O meglio, il programma. Se vincerà lei potrà scegliere se fare l’ordinaria manutenzione della città (che pure è una bella impresa), oppure ragionare in termini di prestigio internazionale, provando a proiettare Roma nell’alta classifica delle capitali mondiali. Cosa sceglie?
«Le due cose stanno insieme. La manutenzione ordinaria è davvero il minimo che un Sindaco debba fare e non si può sbandierare come straordinario successo qualche buca asfaltata, per altro non sempre a regola d’arte. Anche perché la situazione delle strade resta disastrosa, come quella di potature, rifiuti e trasporti. Quindi sarà per me una priorità. Ma alla città serve molto di più: occorre una visione, un senso di comunità e una strategia che guardi ai prossimi 20 anni. Roma deve diventare il motore dello sviluppo e dell’innovazione del Paese e recuperare il ruolo internazionale che le compete di grande capitale europea e globale. E al tempo stesso deve avere un’amministrazione concreta ed efficiente che metta al centro della sua azione la vita quotidiana dei romani e si prenda cura dei propri cittadini, a partire dai più deboli. D’altronde una città che cresce e che crea e distribuisce ricchezza ha anche più risorse per la manutenzione e il decoro della città».

Il prossimo sindaco gestirà il Giubileo 2025, un’occasione unica per far ripartire le infrastrutture; l’ultima costruita a Roma è stata l’Auditorium Parco della Musica, vent’anni fa. Che ne pensa?
«Per Roma il no alle Olimpiadi è stato un errore drammatico così come la totale assenza di progetti ambiziosi. Il Giubileo sarà innanzitutto un grande evento spirituale che assume un significato particolare dopo la pandemia e assieme al Recovery è una partita chiave per il futuro della città e del paese, perché se cresce Roma cresce l’Italia. Serve un piano che guardi ai prossimi 20 anni. Innanzitutto elaboreremo un Recovery Roma per farci trovare pronti con i progetti e intercettare la quota maggiore possibile delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che verranno messe a bando per turismo e cultura, per ricerca, startup e trasferimento tecnologico, per rifiuti ed economia circolare, per forestazione urbana ed efficientamento energetico, per edilizia sociale e rigenerazione urbana. Così come quelli per asili, scuole e case dello studente, per mobilità sostenibile e rinnovo del parco rotabile, per i centri dell’impiego e per lo sport, per l’assistenza territoriale e domiciliare, per gli spazi di coworking e per la digitalizzazione della pubblica amministrazione. E lo faremo cercando di calare queste diverse linee di azione dentro un modello concreto di città verde, innovativa e solidale, che consenta ai cittadini di disporre di servizi nella prossimità della propria abitazione». 

Lei sa che Roma è una delle poche capitali mondiali che ha per strada i cassonetti dei rifiuti?
«Sì, certo, e vedo come ne soffrono i romani e tutti quelli che amano questa città. Per arrivare anche a Roma ad eliminare i cassonetti per strada dobbiamo fare una vera raccolta condominiale porta a porta, che tra l’altro è il modo più efficace per aumentare la quota di raccolta differenziata che a Roma è praticamente ferma da 5 anni. Si può fare smettendola di buttare 200 milioni di euro l’anno di troppo per lo smaltimento dei rifiuti. Questo è uno dei tanti fallimenti dell’amministrazione Raggi e ancora prima di Alemanno. Basti pensare che ci sono zone di Roma dove si faceva la raccolta porta a porta, come ad esempio a Colli Aniene, in cui si è fatta marcia indietro rimettendo i cassonetti per strada».

Strade e trasporti: ha una ricetta?
«Roma ha oltre 10 mila km di strade. Solo nel 2019 abbiamo avuto 100 morti e 14.500 feriti: un bollettino di guerra. La manutenzione deve essere un assillo sia per la viabilità principale che per quella secondaria. Sui trasporti in primo luogo bisogna potenziare la rete di metropolitane, ferrovie e tram, da gestire in modo integrato. La dimensione delle politiche deve essere quella della città metropolitana. Questo richiede innanzitutto di investire sulla capacità di progettazione. Non averlo fatto in questi anni ha fatto perdere a Roma risorse preziose. Basti pensare a quello che è successo con i bandi sul Trasporto Rapido di Massa, ai quali Roma ha partecipato con progetti residuali ricevendo assai meno di quanto assegnato ad altre città. Alla fine i progetti per la stazione di Piazza Venezia della metro C sono stati presentati solo alla fine del 2020, dopo vari bandi andati a vuoto e mancano quelli per il completamento almeno fino a Piazzale Clodio. Anche lo sblocco della talpa sotto al Colosseo è avvenuto grazie all’iniziativa del nostro governo appena insediato, mentre per un’opera fondamentale come la metro D siamo ancora al carissimo amico. Mi impegnerò da subito per risorse e progetti per il completamento della rete C e per mettere finalmente in cantiere la linea D. L’altro aspetto della nostra strategia sarà la combinazione del trasporto su ferro e degli autobus su sede protetta vanno combinati con una mobilità flessibile e tecnologicamente avanzata e con un forte potenziamento della sharing mobility».

Parliamo di avversari: Raggi, Calenda o il centrodestra: chi teme di più?
«Attendiamo il nome del candidato di centrodestra, che sarà il più probabile avversario al ballottaggio. Vedo una certa difficoltà da quella parte a proporre volti nuovi dopo i disastri della giunta Alemanno, che ancora pesano sulla vita della nostra città». 

Dica un suo difetto e un suo pregio che gli elettori non conoscono.
«Cerco sempre di studiare a fondo i problemi che devo affrontare. Il difetto secondo i miei collaboratori è che a volte sono anche troppo pignolo».

Dica anche tre motivi per cui un romano dovrebbe votarla.
«Perché so come trasformare l’idea di Roma in progetto realizzabile. Perché condivido il profondo e a volte sconsolato amore dei romani verso questa città. Perché quando assumo un impegno non mi risparmio e ci metto tutto me stesso. Potevo fare scelte più comode, ma ho deciso che lavorare per Roma sarà la mia scelta di vita». 


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