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Divisi fisicamente, uniti moralmente: politica ed economia ai tempi del Coronavirus - intervento di Pier Paolo Baretta su ReS

24 Marzo 2020


Chiudere tutte le attività economiche non essenziali è una responsabilità senza precedenti. Ma necessaria. Divisi fisicamente, ma uniti moralmente: questo è il segno dei tempi che stiamo vivendo.
Il governo ha già affrontato le conseguenze economiche del virus, con i decreti del 9 e del 17 marzo, attivando risorse fresche per oltre 25 miliardi e garanzie su investimenti e prestiti per 350 miliardi. Ma stiamo già preparando un nuovo decreto, che, dopo la decisione di ulteriori restrizioni, diventerà ancora più impegnativo.

La prima preoccupazione è stata e resterà quella di sostenere la sanità, supportando la riconversione delle aziende che producono gli strumenti e i dispositivi necessari. Ma serve un piano organico e coordinato. Abbiamo visto la ammirevole disponibilità di imprenditori singoli e la improvvisazione di amministrazioni locali, sia nella produzione (quelle targate regione Veneto non erano nemmeno efficaci), sia nella distribuzione: a Venezia il Comune lo sta facendo, ma poiché la disponibilità è quella che è e la distribuzione capillare non facile, si creano aspettative tra i cittadini che non vengono soddisfatte. Meglio piuttosto di niente, ma esistono molte associazioni di volontariato che possono cooperare per raggiungere tutti.
Anche sulle restrizioni non è opportuno procedere unilateralmente. Chiudere i negozi di generi alimentari il fine settimana, come, ad esempio, ha deciso la regione Veneto e non solo, provoca un effetto opposto a quello predicato: salgono l’ansia e il rischio di code e assembramenti.

La seconda preoccupazione è il lavoro. Nessuno deve perderlo. E nessuno lo perderà. La cassa integrazione è già estesa a tutte le imprese fino a un dipendente e anche a settori come il turismo e il trasporto, che finora non ce l’avevano. Ora, con la chiusura diffusa di fabbriche e uffici – e più attività produttive si fermano e più riduciamo i rischi di contagio – il ricorso agli ammortizzatori sarà massiccio e le risorse stanziate aumenteranno.
Il Sindaco di Venezia ha definito “briciole” i 600 euro che vengono dati alle partite Iva e ai professionisti. Sbaglia a polemizzare in questo momento cosi difficile e soprattutto su un punto così delicato. Anche perché questa cifra, certamente modesta, si ripeterà anche ad Aprile e finché non saremo fuori dalla emergenza; coinvolge comunque milioni di lavoratori che per la prima volta vengono considerati e si aggiunge alla sospensione dei pagamenti di tasse, ritenute, tributi e mutui, che si applica anche a tutti gli altri lavoratori; nonché al credito di imposta per gli affitti di cui molti possono usufruire, a cominciare dai commercianti, ma che andrebbe estesa anche agli albergatori non proprietari dell’immobile. Certo, bisogna fare di più; per i più giovani e a basso reddito, ad esempio, si può pensare che i contributi previdenziali, ora sospesi, possano essere abbonati e siano definite particolari agevolazioni al credito, come vanno definite le misure a favore di colf e badanti.

Con il prossimo decreto dobbiamo, dunque, continuare a gestire l’emergenza e proteggere le famiglie, ma anche far sì che le imprese arrivino vive all’appuntamento con il dopo virus, in particolare le imprese piccole e medie, gli artigiani, i commercianti, gli studi professionali. Si pensi solo al settore turistico-alberghiero, che, anche qui a Venezia, è il più colpito. O al trasporto locale, che perde turisti e traffico domestico, ma deve comunque assicurare i servizi essenziali. Va assicurata la massima disponibilità immediata del fondo nazionale trasporti e, in prospettiva, il ripianamento dei loro bilanci in crisi. Qui si inserisce l’intervento a favore dei Comuni che chiedono, con buone ragioni, che vengano sospese le rate dei loro mutui, consentito un maggior ricorso all’anticipazione di cassa e alle riserve; un sostegno per le spese di sanificazione. Ai comuni spetta, invece, il compito di informare, di gestire le restrizioni in atto, di assicurare la assistenza ai Cittadini, ai più deboli e agli anziani. E’ un dovere istituzionale, non una medaglia al valore!

È solo un elenco delle misure necessarie. Per riuscire in questo ulteriore sforzo metteremo a dura prova il bilancio pubblico, ma, soprattutto, bisogna imporre all’Europa l’urgenza di un cambio di passo. La decisione di superare il patto di stabilità non basta. L’Unione deve immettere molta liquidità per le famiglie e le imprese; emettere, finalmente, gli euro bond; finanziare le spese sanitarie di questo periodo e impedire lo scandalo degli accaparramenti di materiali sanitari, com’è successo negli ultimi giorni. È quanto il governo italiano sta pretendendo, esplicitamente e con forza.
Siamo chiamati tutti a una grande responsabilità: stato, governo, regioni, comuni, parti sociali e singoli cittadini. Ora più che mai dobbiamo stare a casa, ridurre al minimo necessario le attività economiche e assicurare sostegno alla nostra sanità, assistenza agli ammalati e ai più deboli. Insomma, siamo tutti, davvero, nella stessa barca, ma dobbiamo tutti… ‘sessola’ in mano, evitare il naufragio e remare, remare tutti nella stessa direzione. È il momento!


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