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Di Maio e l’abolizione del divieto di mandato imperativo: soluzione non democratica - di Nicola Corea

27 Settembre 2019

Dopo il cambio di casacca della senatrice cinquestelle Vono, passata con ItaliaViva di Renzi, il capo politico del M5S ripropone una delle storiche battaglie del Movimento 5 Stelle, suscitando, tuttavia, numerose critiche.

Le regole interne del M5S prevedono una multa molto elevata – ben 100mila Euro - per i cambi di partito. Nonostante ciò, dopo l'addio di Gelsomina Vono al Senato, crescono tra i 5 Stelle voci di nuove uscite. Una imminente a Palazzo Madama, le altre - più numerose - alla Camera.

In questo quadro, Di Maio definisce l’abolizione del principio costituzionale del divieto di mandato imperativo "l'unico vero antidoto alla piaga dei voltagabbana che ammorba il Parlamento da anni". Introdurre il vincolo di mandato comporterebbe una modifica della Costituzione, per la precisione dell'articolo 67 che così recita: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".

La proposta di Di Maio, però, ha ricevuto numerose reazioni negative. Dal PD a Forza Italia, tutte le forze politiche bocciano la sua uscita, escluso ovviamente il M5S e Fdi, da sempre favorevoli all'introduzione di questa misura.

"Siamo anche noi contro il trasformismo, ma lo si combatte con altri strumenti che introducendo il vincolo di mandato", ha detto il Presidente dei deputati del PD Graziano Delrio.

Bisogna spiegare a Di Maio che, il divieto di mandato imperativo è principio tipico di ogni democrazia, s’impone con la nascita della moderna rappresentanza politica e ha continuato ovunque a caratterizzare ogni sistema democratico anche dopo l’affermazione dei grandi partiti di massa. Esso serve fondamentalmente a garantire il parlamentare dagli abusi dei partiti di appartenenza, sul presupposto che le relazioni fra eletti e partiti sono relazioni di potere, che in quanto tali hanno bisogno di un minimo di regolazione. Stiamo parlando di una regola che da secoli continua ad essere prevista da tutte le Costituzioni democratiche e che viene introdotta ogni volta che una nuova Costituzione democratica viene approvata in qualunque Paese civile.

Poiché nessun altro partito o movimento, in Italia e nel mondo, ha nel proprio programma l’abolizione del divieto di mandato imperativo, e nel frattempo lo sta violando apertamente con l’imposizione di multe salate, i casi sono due. O solo il M5S ne ha capito per primo al mondo i misfatti, oppure siamo in presenza di un movimento tecnicamente eversivo, che dietro la patina accattivante della postmodernità via web, come già avviene con le “parlamentarie”, ridurrebbe le elezioni ad una farsa.


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