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Alleanza con il M5S già alle Regionali - intervista a Dario Franceschini de la Repubblica

12 Settembre 2019

“Questo esecutivo può essere un laboratorio, l’incubatore di un nuovo progetto”



di Claudio Tito

Questo governo può essere l’incubatore di una nuova alleanza formata dal centrosinistra e dal Movimento 5Stelle. «Se lavoreremo bene, potremo presentarci insieme già alle regionali. E’ difficile, ma dobbiamo provarci. Per battere questa destra, ne vale la pena».

Ecco l’orizzonte che Dario Franceschini, neo ministro dei Beni Culturali e di fatto capo della delegazione dem nel nuovo esecutivo Conte , traccia nel futuro dell’esecutivo.

Il governo resterà in carica fino al 2023 ma l’obiettivo, dice, è fermare Salvini e dare sostanza politica alla scelta compiuta.

La prima domanda però che tutti si pongono parlando del nuovo governo è: dureranno?

«Sarà difficile, non c’è dubbio. Soprattutto se si limiterà ad essere il mero prodotto di forze politiche contrapposte. Però io penso che arriveremo fino alla fine della legislatura».

Cioè più di tre anni? Sa quanti governi hanno superato la soglia dei due anni dal 1948 ad oggi? Sei.

«Ne sono consapevole. Ma vedo anche le ragioni per cui è nato questo esecutivo. Sono ragioni immediate e di prospettiva».

Che intende per ragioni immediate?

«La situazione del Paese. Cosa sarebbe stato dell’Italia senza questa operazione? Cosa sarebbe successo alla nostra economia? E’ bastato un solo giorno in cui si è rischiato di non siglare l’accordo e lo spread è di nuovo schizzato. Saremmo nel disastro».

Nella sostanza lei dice che il patto Pd-M5S starebbe salvando l’Italia da Salvini?

«Non c’è dubbio. Senza questo governo, saremmo in campagna elettorale. Avremmo Salvini al Papeete ma all’ennesima potenza, magari a torso nudo a mietere il grano. Solo odio e paura. Ci troveremmo alla vigilia della vittoria della Lega. Da celebrare magari proprio il 28 ottobre».

Il 28 ottobre, la marcia su Roma, la mietitura del grano. Insomma il fascismo?

«Il fascismo fortunatamente non tornerà. Ma Salvini è il massimo di pericolosità democratica che si può avere nel 2019. E quel pericolo non è finito. Rimane finchè qualcuno soffia sulla paura. E noi non potevamo replicare l’errore che quasi 100 anni fa hanno commesso socialisti, popolari e liberali facendo fallire gli esecutivi Bonomi e Facta».

Nel 2019, però, basta essere “contro” qualcuno per governare bene? Non ci sarebbe stato bisogno una visione alta per avvalorare questa operazione?

«Il tempo era breve. Vorrei ricordare che tutto prende origine da quella frase orribile “voglio i pieni poteri”. Il Paese ha capito. Era un’emergenza e dobbiamo ringraziare Zingaretti per avere indicato la necessità di trovare una soluzione di largo respiro. Il Pd è stato unito come non mai».

Scusi, ma fino a venti giorni voi e i grillini vi odiavate. E poco dopo invece parlavate di posti. E’ sufficiente Salvini a cancellare quell’odio?

«Era ed è una motivazione più che sufficiente. In tutto il mondo i governi di coalizione nascono così. Soprattutto quando non c’è un vincitore unico. Certo, ora dovremo far maturare anche un percorso di visione, di prospettiva».

Cioè?

«Io definisco il discorso di Conte in Parlamento riformista. Il governo sarà giudicato sulla qualità dei suoi provvedimenti. E in questo lavoro si possono trovare nuove affinità. Pd e M55 devono guardare avanti. Questo esecutivo può essere un laboratorio, l’incubatore di un nuovo progetto».

Lei parla di un’alleanza politica con i grillini?

«Si, politica ed elettorale. Che parta dalle prossime elezioni regionali, passi per le comunali e arrivi alle politiche».

Anche in Umbria a fine ottobre?

«Lì le elezioni sono molto vicine, ma se c’è la volontà poitica si può fare tutto. Per Emilia e Calabria, poi, c’è tempo. In ogni caso, la sfida è questa. So che è difficile ma se governiamo bene, evitando la logica del “contratto”, cercando sempre la sintesi allora questa squadra può diventare il seme di una futura alleanza. Per battere la destra, vale la pena provarci».

Ma questa prospettiva farà impazzire il suo partito.

«So che ci sono posizioni diverse da noi e nei Cinque Stelle. Io parlo di una alleanza tra tutto il centrosinistra e l’M5S».

Un partito di sinistra può allearsi con una formazione il cui leader sostiene che sinistra e destra non esistono più?

«Non condivido quella tesi, ma si può fare. Nel mondo ci sono molte persone che la sostengono. Anche se per me le differenze si vedono a occhio nudo. Le Pen è diversa da Macron, Merkel è diversa dalla destra tedesca. Noi siamo diversi da Salvini».

Non avvertite il rischio di una mutazione genetica?

«Solo chi ha paura di perdere la propria identità, si chiude. Il Pd rafforzerà la sua, Zingaretti lo sta già facendo. E comunque nessuno può pensare che le battaglie della sinistra siano ancora quelle del ‘900. Noi continueremo a difendere i deboli e il lavoro ma c’è anche per fare un solo esempio l’emergenza ambientale».

Lei sostiene che il Pd è unito. Dopo questa intervista non lo sarà più?

«Perchè mai? Ho visto che tutti hanno remato dalla stessa parte. Da Zingaretti a Renzi a Orlando».

Renzi in realtà sembra a un passo dalla scissione.

«Retroscena autoalimentati. Perchè dovrebbe andare via? Tutto è stato concordato anche con lui».

La prospettiva di una coalizione con I’M5S come si coniuga con il ritorno al sistema proporzionale?

«Ma quella è ancora da discutere. Sebbene la riduzione dei parlamentari, che noi abbiamo accettato, si deve accompagnare ad una legge elettorale che dia equilibrio».

L’equilibrio si ottiene solo con il proporzionale. Prodi e Veltroni non la pensano così.

«Sicuramente quel modello evita il rischio che venga cancellato il principio della rappresentanza. Contestualmente dobbiamo mettere mano ad alcune riforme costituzionali che il suo giornale ha già anticipato».

Se l’esecutivo si giudicherà dai fatti, c’è subito un primo test. Gli immigrati.

«Certo, è un’emergenza. Confidiamo nella Ue. Ma per avere risultati non servono le urla di Salvini. E state sicuri che ce ne saranno presto. Il punto è far capire che chi viene in Italia, non viene per rimanerci ma per entrare in Europa. Non si tratta solo di salvare le persone solo il doverlo dire mette paura ma di accettare il principio dei confini dell’Unione, attivare una politica di sostegno verso i paesi di provenienza e combattere tutto ciò che c’è di criminale intorno alle migrazioni. Salvini non ha fatto nulla di tutto questo».

Serve anche redistribuire i nuovi arrivi in tutti i paesi.

«Certo. Chi viene in Italia, viene in Europa. Ma non si ottengono risposte tenendo degli essere umani in mare per giorni”».

E cambierete i decreti sicurezza?

«Recepiremo tutti i rilievi del presidente Mattarella. Salvini ha usato la sicurezza come arma di distrazione di massa. Doveva alimentare la paura e quindi non faceva nulla per la sicurezza nelle città. Romperemo questa spirale perversa».

Per rompere certe spirali, c’è anche la legge di Bilancio. Sarà di sinistra?

«La prima esigenza è non far scattare l’aumento dell’Iva. Il secondo è intervenire sul cuneo fiscale».

Quanti miliardi servono?

«Faremo tutto il possibile nell’ambito delle risorse disponibili. Di certo, anche le scelte obbligate le assumeremo senza impatto sociale».

Però, qualche problema con i grillini lo avete già. Ad esempio la Tav.

«Come in tutte le coalizioni ci saranno temi che metteranno in difficoltà noi e altri loro. Quella mi sembra una decisione già presa prima di questo governo».

E le concessioni autostradali saranno revocate?

«Valgono l’accordo di governo e le parole del premier in aula».

E’ vero che ha già bloccato la riforma del suo predecessore Bonisoli?

«Ho apprezzato che lui non abbia stravolto la mia. Nella sua ci sono cose che non mi convincono e cautelativamente abbiamo fermato i decreti emessi ad agosto. Li correggeremo. Ma non sarà la riforma della controriforma».

Dica la verità, avendone parlato a luglio, lei si sente il vero vincitore di questa nuova fase giallorossa?

«Assolutamente no».




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