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La sfida Emiliano Romagnola al fenomeno Salvini - di Alessio Pecoraro

30 Giugno 2019

Matteo Salvini, il nuovo uomo forte della politica italiana, lo ha detto subito all’indomani dei risultati delle elezioni europee e amministrative dello scorso 26 maggio: “Ora l’Emilia Romagna”.


L’obiettivo - dichiarato - della Lega di Salvini è vincere appunto la regione rossa per eccellenza completando così il puzzle nel nord produttivo (attualmente la Lega è al governo in Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto) e ottenendo - per il suo leader e capo carismatico - l’upgrade necessario per non porsi più limiti.


Così l’Emilia Romagna che per l’indimenticato Edmondo Berselli è quella terra dai confini indefiniti che è il Sud del Nord e il Nord del Sud: qualcuno la chiama Emilia e due passi più in là prende i colori della Romagna tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 sarà la madre di tutte le battaglie tra la destra di Salvini e lo schieramento democratico e riformista di Nicola Zingaretti.


I risultati delle ultime elezioni europee hanno sancito, anche nella regione rossa per eccellenza, il dominio della Lega di Matteo Salvini, primo partito della regione con il 33,8% dei consensi (contro il 31,2% del Pd), capace di ottenere oltre il 40% in province come Ferrara (41,9%) e Piacenza (45%), e di vincere davanti anche a Parma (38,8% della Lega contro il 24.9% del Pd), Modena (33,8% contro il 33,6%), Forlì-Cesena (34,3% contro 30,4%) e Rimini (36,5% contro 25,6%). Dietro al Pd, la Lega, solamente a Bologna, Ravenna e Reggio Emilia.


Secondo l’Ipsos però Stefano Bonaccini, l’attuale presidente della Regione, resta un candidato vincente dal momento che gode di un consenso pari al 62% degli intervistati, ma gli elettori e le elettrici pur promuovendolo bocciano il suo partito, il Pd, che registra, anche nei sondaggi, una preoccupante caduta di consensi.


Il successo della Lega, anche in Emilia Romagna, è dovuto solo al “vento nazionale” o al crescente appeal del suo leader oppure c’è qualcosa che scricchiola in quel modello emiliano del quale si iniziò a parlare tra la fine degli anni sessanta e l’inizio del decennio successivo. Un sistema fatto di produzione specializzata, piccole-medie aziende e collaborazione con il sindacato. Un modello vincente tanto da  guadagnarsi la consacrazione internazionale con la pubblicazione, nel 1982, sul “Cambridge Journal of Economics” del celebre saggio di Sebastiano Brusco dedicato all’Emilian Model: Productive Decentralisation and Social Integration?


Ci sono diversi piani dei quali tenere conto, il primo, il più importante quello dei risultati è certamente a favore del lavoro di Bonaccini e della sua giunta. C’è poi un piano più strettamente politico; anche in Emilia Romagna il Partito Democratico negli ultimi anni non è stato capace di generare un entusiasmo collettivo, un sogno, un racconto capace di trasformarsi in progetto politico. Lo hanno fatto alcuni dei suoi amministratori ma a livello generale il PD emiliano romagnolo ha suscitato disillusione, passività, disincanto. È questa la prima tendenza da invertire.


C’è bisogno di coinvolgere Il basso e l’alto, il verticale e l’orizzontale, i movimenti e il partito, la passione e il pragmatismo. Una sorta di Momentum, l’organizzazione politica affiliata al Labour nel Regno Unito, in salsa emiliano-romagnola dove associazionismo e corpi sociali, fortunatamente, tengono ancora ma vanno messi in rete, sfidati, chiamati a proporre e decidere.


C’è bisogno di coinvolgere, ma davvero, e con modi e metodi nuovi, innescando meccanismi innovativi. Non basterà il solito metodo di cooptazione, abbiamo visto stimati professionisti della politica battuti da perfetti sconosciuti, o il classico sistema di liste civiche "del presidente" e non, serve innescare uno storytelling collettivo che racconti il tanto (e buono)  che si è fatto e scriva, a più mani, il tanto che c'è da fare. 


Le battaglie storiche come il lavoro o il diritto alla casa e le battaglie di ampio respiro come quella sul cambiamento climatico che appassiona le nuove generazioni.


Non andare dove il sentiero ti può portare, vai invece dove il sentiero non c’è ancora e lascia dietro di te una taccia ecco nella frase del filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson è riassunto il cammino che, insieme, dobbiamo fare nei prossimi mesi perché l’Emilia Romagna possa continuare a guardare al futuro con quei valori che, da sempre, in un territorio dove è nata la Resistenza al nazifascismo e la Ferrari, l’hanno resa una regione accogliente, innovativa ed aperta.


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