Furono i protagonisti della prima uscita ufficiale del premier Giuseppe Conte. Li incontrò nella sera del 28 maggio 2018, subito dopo aver sciolto la riserva sul suo incarico di fronte al capo dello Stato, Sergio Mattarella. Un incontro dal forte sapore politico, su un tema che aveva lasciato tanti nervi scoperti nel Partito democratico. Si tratta dei risparmiatori truffati dalle banche, per i quai il precedente governo di Paolo Gentiloni aveva istituito un fondo di ristoro ad hoc. Di quel fondo si era occupato in prima persona Pier Paolo Baretta, ex sottosegretario all’Economia, che nella legge di bilancio 2018 aveva non solo previsto la misura, ma anche individuato i primi criteri per la concessione del rimborso. Obiettivo? Non incorrere nelle maglie della Commissione europea con l’accusa di aiuti di Stato.

Linea abbandonata dall’esecutivo giallo-verde che, per accorciare i tempi ed estendere la misura anche a chi aveva investito coscientemente i propri risparmi in prodotti non sicuri, ha eliminato il riconoscimento di vittima di reato bancario attraverso l’arbitrato o l’Anac. Così, come affermato dal vicepremier Di Maio, è arrivata la famosa letterina dall’Ue. In un intervento di ieri sul Corriere Veneto, Baretta prova a spiegare come evitare l’infrazione e procedere finalmente con i rimborsi: “Era chiaro che l’idea di risarcire tutti non stava in piedi – spiega l’ex sottosegretario – Lo Stato non può rimborsare la perdita subita, può farlo se viene accertato il misselling. Per questo avevamo proposto il ruolo dell’Anac. Aver affidato tutto, per ragioni politiche, a una commissione di nomina governativa è stato un grave errore. (…) Nell’interesse dei risparmiatori la cosa più semplice da fare è correggere la legge di bilancio, anche attraverso un decreto, reintroducendo l’arbitrato”.

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