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Zingaretti: per far ripartire l’Italia, primo obiettivo è il lavoro

20 Gennaio 2019

L’intervento del presidente della Regione Lazio e candidato alla segreteria del Partito Democratico sul Corriere della Sera



Congresso Pd: Zingaretti avanti tra gli iscritti - articolo dall'Huffington Post

Elezioni suppletive a Cagliari, vince il centrosinistra con Andrea Frailis. Uniti si vince - Il giornalista 62enne ha vinto le elezioni suppletive per la Camera nel collegio di Cagliari. Ha dichiarato di essere più vicino a Zingaretti

I cittadini, per i populisti, sono plebe ignorante - intervista del Corriere della Sera a Nicola Zingaretti


Caro direttore, i dati di Banca d’Italia certificano che l’Italia si sta fermando. Nel frattempo diminuisce la produzione industriale e cala l’occupazione. Proprio dall’occupazione bisogna ripartire. L’Italia ha bisogno di più lavoro di qualità e meno propaganda.

Il reddito di cittadinanza è un provvedimento che offre solo soluzioni a breve termine e non garantisce una reale prospettiva di vita alle persone, perché non fa nulla per creare lavoro. Anzi, penalizza l’occupazione, perché si è scelto di indebitare gli italiani e tagliare gli investimenti. Combattere la povertà è una priorità, ma il modo migliore per portare avanti questa battaglia giusta era rafforzare il reddito di inclusione (Rei), senza generare una confusione che mette la protezione sociale in contrasto con la creazione di lavoro.

La cosiddetta «quota 100» avvantaggerà i lavoratori più garantiti, principalmente chi ha redditi così alti da potersi permettere un taglio della pensione, e scaricherà gli oneri sulle nuove generazioni.

Il nostro sistema economico sta affrontando e affronterà sfide difficili. Per questo, l’Italia ha bisogno di certezze.

Invece, a crescere è solo il costo dell’incertezza, a causa del dilettantismo nel Governo, che ha portato in pochi mesi al raddoppio dello spread. Con la legge di Bilancio si è fatto il contrario di ciò che serve: aumentano le tasse; diminuiscono gli investimenti; si favorisce l’utilizzo distorto delle partite Iva disincentivando il lavoro stabile; si bloccano le assunzioni nella Pubblica amministrazione.

Si penalizza il Nord, si abbandona il Mezzogiorno e si premia l’evasione. Servono, invece, risposte in grado di incidere su problemi che hanno radici decennali.

Noi non produciamo più a sufficienza i beni che il mondo consuma. L’Italia deve cambiare per tornare a crescere.

Ma chi vuole cambiare davvero l’Italia deve avere un’ossessione: connettere il tema della crescita con quello della qualità del lavoro. Questa premessa è il cuore dell’approccio che ho chiamato «l’economia giusta», un nuovo modello di sviluppo che sappia coniugare la crescita con l’equità sociale e la sostenibilità ambientale.

Una priorità assoluta deve essere quella di riportare la scuola e l’università al centro dell’agenda politica. Questo impegno deve essere l’architrave di una più ampia operazione di equità e di giustizia in grado di far ripartire la mobilità sociale. Per questo, ho proposto un grande investimento sulle nuove generazioni, nell’ordine, a regime, di un punto di Pil, circa 18 miliardi di euro. Poi, bisogna individuare  modi efficaci per mettere in relazione Stato e mercato, agendo su più livelli.

Gli investimenti pubblici in Italia sono calati drasticamente negli anni della crisi. Anche da qui bisogna ripartire. Spendendo di più e spendendo meglio. Eliminando le inefficiente, sbloccando le grandi opere già finanziate, in modo da riportare gli investimenti pubblici dal 2 per cento al 3 per cento del Pil.

Senza dimenticare, però, che il lavoro lo creano soprattutto le imprese. Vanno rimossi i principali ostacoli alla crescita: inefficienza e complessità della burocrazia; elevata tassazione; inadeguatezza infrastrutturale; illegalità diffusa e giustizia lenta. E va sostenuta la crescita dimensionale delle nostre imprese e la loro capacità di investire in ricerca e innovazione. In questo scenario l’economia sostenibile può dare uno straordinario impulso al nostro sistema produttivo e all’occupazione.

In generale, la creazione di lavoro di qualità deve rimanere il principio ispiratore di tutte le azioni di politica economica.

Per questo occorre, ad esempio, ridurre il cuneo fiscale sui contratti a tempo indeterminato. Bisogna ripristinare pienamente gli incentivi  per gli investimenti in innovazione e formazione, e per il Mezzogiorno. Infine, serve un poderoso piano di agevolazioni per l’accesso al credito.

Non solo per le imprese, ma anche per le persone, per il finanziamento delle idee. I vincoli di bilancio pubblico non permettono politiche  troppo ambiziose sul fronte della spesa. Per questo motivo, si deve partire dalla lotta all’evasione e dalla revisione della spesa pubblica.

Accanto a questi impegni, è chiaro che le politiche per la crescita e per il lavoro non possono prescindere dalla dimensione continentale. Questi temi devono essere al centro delle prossime elezioni europee.

Nel frattempo, bisognerà moltiplicare gli sforzi per fermare la deriva pericolosa rappresentata da questo Governo, facendo tornare l’Italia sui binari giusti: no all’irresponsabilità e all’assenza di qualsiasi idea di futuro, sì alla crescita inclusiva, e al lavoro.


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