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Una borsa di studio e una sala a Bruxelles nel nome di Antonio - intervista di Democratica a Silvia Costa

19 Dicembre 2018

L’europarlamentare dem che propone: dedichiamo ad Antonio una borsa di studio per giovani giornalisti e una sala dell’Europarlamento


“Conoscevo Antonio Megalizzi fin dall’esordio del progetto Europhonica, nel 2015. Per questo subito dopo la notizia della sua morte ho proposto che il Parlamento europeo si attivasse per ricordarlo”.
A parlare con Democratica è Silvia Costa, europarlamentare del Pd, da sempre impegnata a Bruxelles in commissione Cultura.

A che proposta avete pensato?
Il giorno stesso della notizia della scomparsa di Antonio ho mandato una lettera a Tajani, a nome della delegazione del Pd, con due proposte: l’istituzione di una borsa di studio di almeno un anno per un giovane giornalista europeo che scriva di Europa e di giovani, e l’intitolazione di una sala del Parlamento europeo – ci piacerebbe fosse la sala stampa – sia ad Antonio che a Barto Pedro Orent-Niedzielski, il polacco amico di Antonio, deceduto qualche giorno dopo. Sto poi ragionando su un’altra proposta: nel programma Europa Creativa 2021-2027, di cui sono relatrice, c’è un nuovo capitolo per il sostegno al giornalismo europeo. La Commissione potrebbe anticiparlo e prevedere un sostegno a Europhonica.

Antonio era innamorato di questo progetto. Ce ne parla meglio?
La rete Europhonica è nata da un progetto della radio dell’Università di Perugia, che ha proposto un network di radio universitarie che facessero informazione sull’Europa in varie lingue. L’Italia, insieme ad altri 5 Paesi (Francia, Portogallo, Spagna e Germania), ha vinto un progetto del Parlamento. Anche dopo la fine dei finanziamenti, i ragazzi hanno continuato a venire ogni mese a Strasburgo a loro spese. Anche Antonio era un volontario, che era venuto a Strasburgo con Flexibus mettendoci 12 ore. Sono ragazze e ragazzi fantastici. Anche per questo ho ritenuto doveroso essere presente domani a Trento, ai funerali di Antonio.

Lei lo ha conosciuto?
Sì, l’ho conosciuto all’inizio dell’esperienza di Europhonica. Era un ragazzo vivace, preparato e soprattutto innamorato dell’Europa, e per questo riusciva ad appassionare anche i più giovani. Con la sua fidanzata Luana sognavano di andare a vivere a Bruxelles o a Strasburgo. Chi era con lui ha raccontato che poco prima di essere sparato aveva detto: “Che bella questa città in cui si incontrano giovani di tutti i Paesi”. Il fatto che sia stato ucciso in una città che amava tanto è una doppia tragedia. Sono contenta che l’ordine dei giornalisti gli abbia conferito la tessera di professionista.

Che ricordi ha della sera dell’11 dicembre?
Ero in Parlamento e si è sparsa la voce di una sparatoria ai mercatini. Arrivavano voci convulse, poi si è saputo del ferimento di un ragazzo italiano. Ho chiamato i referenti di Eurofonica in Italia e mi hanno detto che si trattava di Antonio. Con lui c’erano due giovani giornaliste, Caterina e Clara, che sono riuscite a fuggire. Erano sotto shock, noi le abbiamo accolte e quella notte l’hanno trascorsa in Parlamento, perché solo lì si sentivano al sicuro. Hanno raccontato di aver visto in faccia questo personaggio spiritato che mirava alla testa. Mi colpisce molto che due 29enni, Antonio e il suo assassino, due mondi così diversi, si siano incontrati in questo modo tragico nel cuore dell’Europa . E’ anche un fallimento della capacità di prevenzione, dialogo e di comprensione delle azioni da intraprendere per evitare tutto questo.

A maggio si voterà per le europee. Antonio ne può diventare un simbolo?
E’ già un simbolo, nella maniera più drammaticamente eloquente, di un ragazzo che era lì per pura passione per l’Europa. Ritengo lui sia un memento, perché ci ricorda di quanti giovani sono oggi più convintamente europeisti anche di chi li governa. I giovani sono i più fantastici alleati a favore dell’Europa, e dovremo ricordarcene durante la campagna elettorale.


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