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Martina: è ora di tornare in piazza contro il governo dell’odio

01 Settembre 2018

Intervista al segretario Pd: “In chiave europea bisogna unire le forze, da Macron a Tsipras su un chiaro progetto di cambiamento sociale e democratico. Non c’è sovranità italiana senza lo scudo europeo”, di Alessandra Longo, La Repubblica


«Penso che sia venuto il momento di chiamare ad una mobilitazione nazionale gli italiani che non si rassegnano a vedere questo Paese in preda ai seminatori di odio. Il Pd fa un passo avanti e chiede a tutti di fare altrettanto. Il Pd rilancia il suo impegno anche con la piazza del 29 settembre, a Roma, (probabilmente piazza del Popolo,ndr). Sarà “la piazza per l’Italia che non ha paura”. Possiamo e dobbiamo costruire una prospettiva di speranza per il Paese».

Maurizio Martina assicura che ce la sta mettendo tutta per connettere il partito con i milioni di elettori che si sono allontanati: «Per quel che mi riguarda, basta con i politicismi e l’autoreferenzialità, si riparte dalle persone e dalle loro necessità». Messaggio unitario, allargato. Il nuovo Pd, secondo il segretario, deve raccogliere tutte le energie e le sensibilità alternative alla deriva sovranista, «da Macron e Sanchez a Tsipras», per intenderci sui riferimenti europei.

Segretario, il popolo di centrosinistra si attendeva da tempo un segnale di vita. A Milano, per l’incontro Salvini-Orban, si è visto quanta voglia di partecipazione ci sia.
«Milano è stato un segnale chiaro che va colto. Proprio per questo promuoviamo una manifestazione nazionale a Roma, chiamando a raccolta persone ed energie, come tappa essenziale del nostro lavoro. Tanti lo chiedono. Insieme dobbiamo costruire un’alternativa al governo, un progetto unitario, un pensiero nuovo. Il momento lo impone. Lega e Cinque Stelle stanno demolendo i sacrifici fatti dagli italiani. L’Italia sta diventando la frontiera più delicata del futuro europeo. Affronteremo un autunno rischioso dal punto di vista economico e sociale. L’attuale governo maneggia con una superficialità disarmante questioni che hanno a che vedere con la fatica che la gente ha fatto in tutti questi anni di crisi».

Conosce le critiche: il momento è grave, il Pd sembra anemico, il segretario è una degnissima persona ma non basta questo a riprodurre «il sogno» collettivo di cui ha parlato Veltroni su “Repubblica”.
«Sono abituato all’autocritica però sono anche consapevole e determinato a fare fino in fondo la mia parte. Sento tutta la responsabilità di questa fase. Da Genova a Catania da Taranto ad Amatrice, io vado dove è giusto che sia il Pd. Non siamo anemici, vogliamo combattere. La sfida è collettiva e una leadership senza comunità non va da nessuna parte. Con la manifestazione del 29 settembre, lanciamo un messaggio di riscossa ai tanti italiani che aspettano il passo avanti. Non è più il momento solo di dire ma di fare. Il Pd deve buttarsi corpo a corpo, fisicamente, nel Paese reale, là dove si manifestano i bisogni, e offrire la piazza a chi vuol lavorare insieme per la speranza contro l’odio».

La candidatura di Zingaretti come la vede?
«Tutte le candidature, certamente anche quella di Nicola, sono un contributo fondamentale».

Zingaretti immagina un partito popolare non elitario, il modello non è Macron.
«Facciamo un passo avanti. In chiave europea bisogna unire le forze, da Macron a Tsipras su un chiaro progetto di cambiamento sociale e democratico. Non c’è sovranità italiana senza lo scudo europeo. Alle elezioni 20191a discriminante sarà secca: da una parte chi vuole la nuova Europa dei cittadini, dei popoli e della sovranità condivisa e dall’altra chi vuole la distruzione del progetto con il ritorno dei nazionalismi. L’alternativa a Salvini la dobbiamo costruire prima di tutto noi , dentro i nostri confini».

Ma questo benedetto congresso quando lo fate?
«Il congresso dal punto di vista progettuale è già aperto. A fine ottobre avremo il Forum nazionale a Milano e prima diverse iniziative che arricchiranno questo lavoro. Chiedo a tutti di portare idee, non divisioni. E penso serva anche la piazza, la presenza collettiva. La manifestazione del 29 risponde al carattere straordinario della situazione».

Si è aperta una questione democratica.
«Assistiamo ad un’involuzione del discorso pubblico. La destra investe sulla rabbia, il rancore, per alimentare altra rabbia e altro rancore. C’è una frase grezza di Steve Bannon, l’ex guru di Trump, che spiega bene la strategia: “Quando c’è un problema, inondalo di merda”».

Testuale?
«Sì, testuale. Nel nostro Paese sta accadendo proprio questo. Dove c’è il problema non cercano la soluzione ma lo inondano di tutto ciò che può alimentare rabbia e divisione. Di fronte a quest’ansia distruttiva, che rischia di far saltare il Paese, il Pd ha una ragione in più per scrollarsi di dosso le difficoltà e gettarsi corpo a corpo in questa sfida cruciale».


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