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Il Pd riparta da Milano - dal blog di Franco Mirabelli sull'Huffington Post

07 Maggio 2018

Negli anni in cui il Pd è stato al governo si sono fatte molte cose utili per il Paese e i cui risultati vedremo meglio anche più avanti. Gli elettori, però, alle urne si sono espressi e quel 18% che ha preso il Pd non credo significhi che i nostri elettori volevano che stessimo all'opposizione. Casomai quella percentuale ci dice che dobbiamo cambiare, che ci vuole discontinuità, che qualcosa non ha funzionato e che dobbiamo ragionare su ciò che non ha funzionato.

Si dice che molti elettori della sinistra oggi non si sentono più a casa nel Pd, in realtà non si sentono più a casa in nessun partito della sinistra in Europa e nel mondo, basta vedere i risultati dei partiti di sinistra in Europa.

Se pensiamo, quindi, di risolvere questa discussione pensando di uscirne solo decidendo se dobbiamo essere più o meno di sinistra, più o meno radicali non cogliamo un punto fondamentale: c'è una domanda di protezione prodotta dalla globalizzazione e dalla crisi a cui la sinistra non riesce a rispondere perché non ha l'alfabeto per definire una prospettiva, che rassicuri rispetto alle paure del futuro.

La Lega indica una prospettiva che è il tornare indietro ai vecchi confini e a chiudersi. Il Movimento 5 Stelle indica una prospettiva: quella di uno vale uno e che affida al web la democrazia. Noi non siamo in grado di indicare una prospettiva.

In questi anni abbiamo fatto molte cose positive ma non hanno pagato perché non erano legate, finalizzate a una idea di futuro capace di rispondere a una paura del futuro che c'è nel mondo occidentale e che ha prodotto la sconfitta della sinistra negli Stati Uniti e in tutta Europa.

Questo aspetto va affrontato. Non possiamo pensare, dunque, di uscire da questa discussione solo con più o meno sinistra, più o meno radicalità o solo cambiando il gruppo dirigente perché non è sufficiente. Poi è evidente che abbiamo fatto anche degli errori.

A proposito di ricostruire, dobbiamo sapere che c'è un pezzo di questo Paese con cui abbiamo rotto un rapporto sentimentale nel momento in cui abbiamo continuato a spiegare che l'Italia era ripartita (che pure era vero, come indicavano tutti i dati macroeconomici) mentre c'era una parte di cittadini che nella vita quotidiana, nella concretezza della propria esistenza tutto questo non lo ha visto e continuano a non vederlo, di conseguenza, siamo stati considerati lontani anni luce da ciò che loro vivevano.

Questo è l'altro tema su cui dobbiamo riflettere.

Per ripartire, dobbiamo prendere in considerazione due questioni. E su questo la positiva esperienza del centrosinistra milanese può aiutare ed essere d'esempio.

Innanzitutto, abbiamo bisogno di un partito che ritorni a decidere le azioni e a fare le scelte non discutendo al chiuso delle proprie stanze ma rapportandosi con le reti sociali, con chi studia, con le associazioni. Bisogna discutere e prendere le decisioni insieme a queste realtà: noi siamo stati questo e dobbiamo ritornare ad avere un rapporto forte con l'intelligenza che la società esprime. In fondo la continuità del buon governo di Milano ha in questo un punto fondamentale.

In secondo luogo, sottolineo che il Pd di Milano è stato unito anche nei passaggi più difficili, perché ha sempre discusso rispettando le differenze. Questo deve diventare la regola anche nel dibattito nazionale.

Non usciamo da questa situazione se pensiamo di poter fare una discussione in cui le idee diverse vengono immediatamente cancellate e non si discutono neanche perché si preferisce delegittimare l'interlocutore che le avanza. Questa strada porta alla dissoluzione del Partito Democratico e contro questa modalità ci dobbiamo battere tutti insieme.


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