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Vittime a Milano, Torino, Terni, Sereni: non esiste progresso se non si protegge chi lavora

17 Gennaio 2018

Qualche giorno fa la comunità di Terni si è stretta attorno alla famiglia di Gianluca Menechino, il giovane operaio dell’Ast morto dopo mesi di sofferenze e di cure per un gravissimo incidente in fabbrica. Oggi siamo costretti a piangere i tre operai uccisi sembra da esalazioni di azoto in un laminatoio dell’hinterland  milanese e a sperare per l’’operaio gravemente ferito nello stesso incidente di Rho. Ancora ieri un muratore è morto nel Torinese per il crollo di un muro. Ognuna di queste tragedie ha le sue cause, e per ciascuna è indispensabile accertare dinamiche e responsabilità. Un dato però non può sfuggirci. Negli anni della crisi sono diminuiti incidenti e morti sul lavoro. Ora, drammaticamente, con l’inizio della ripresa vediamo risalire quelle macabre statistiche. Le regole ci sono, le leggi sono state fatte, ma il loro rispetto è tutta un’altra cosa. La prevenzione, i controlli, la diffusione di una cultura della sicurezza sono un imperativo morale ed economico. Violare le regole può significare magari battere la concorrenza delle aziende oneste, ma non esiste progresso se non si difende il lavoro, se non si protegge chi sta su un ponteggio, in una fabbrica, in un cantiere… Oltre al dolore, al lutto, alla vicinanza per le vittime, bisogna unire le forze perché ciascuno - imprese, sindacati, istituzioni - faccia ogni giorno fino in fondo il loro dovere per tutelare la sicurezza di chi lavora.


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