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Migranti, Consip e fiscal compact - intervista al segretario del Pd Matteo Renzi de Il Mattino

19 Luglio 2017


Il segretario del Pd Renzi, al Mattino  per la presentazione del suo libro  «Avanti», racconta la sua nuova sfida  e indica le priorità della politica. E sulla questione sbarchi avverte: «Tetto massimo per i migranti. Ius soli un dovere, ma sto con Gentiloni». Nell`intervista condotta  dal direttore Barbano il leader dem
parla anche del caso Consip in cui è stato coinvolto il padre: «Papà operato al cuore per questo». In quanto alle alleanze commenta la scelta di Berlusconi: «Sceglie Salvini? Auguri».

 

Segretario Renzi, attraverso questo suo libro “Avanti” dimostra di voler rinsaldare un patto con i cittadini, proponendosi di girare tutte le province italiane per rilanciare la proposta del Pd. Il libro è una palingenesi?

«Grazie intanto per l’invito e l’accoglienza. Saluto particolarmente Paolo Siani, fratello di Giancarlo e personalità nel campo medico e educativo. Il libro è tante cose, in mille giorni al governo ci sono stati momenti straordinari e altri difficilissimi. Il terremoto, il terrorismo, vicende personali e familiari. Il libro è un’esperienza umana, poi ovviamente ci sono le cose della politica. Abbiamo perduto nettamente il referendum, dal giorno dopo mi sono dimesso da tutto, sono ripartito da zero. Abbiamo vinto le primarie in modo  netto, adesso si tratta di ragionare dell’Italia del futuro. Ma prima di tutto il libro è un’esperienza umana. Chi critica gli aspetti caratteriali fa benissimo, anche perché di carattere ognuno ha il suo. Ma più che cambiare il carattere bisogna cambiare l`Italia. Quello che vorrei dal profondo del cuore esprimere è che se anche soltanto una ragazza o un ragazzo, avvicinandosi al libro, si rendesse conto che la politica non è un carrierificio ma è un desiderio  umano di provare a cambiare le cose, e trovasse il brivido, la scintilla, sarei profondamente contento».

 

Segretario Renzi, Berlusconi dice: mai con lei e con il Pd, ma Gentilioni è garbato è serio. Il lessico del proporzionale è il lessico del tatticismo, ma dopo le elezioni c’è da immaginare che cambierà qualcosa?

«Berlusconi ha già votato due governi sostenuti dal Pd, il governo di Mario Monti e quello di Enrico  Letta. Questi sono i fatti. Non ha mai votato la fiducia a me. Con lui avevamo fatto un accordo sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale. Sappiamo come è andata a finire. Senza voler riaprire pagine del passato, questi sono i fatti. Mi trovi qualcuno che li smentisca. È chiaro che in futuro ognuno
vorrebbe vincere e, se rimane questa legge elettorale, chi raggiunge il 40 per cento governa. Certo, arrivare al 40 è complicato. Berlusconi ha detto “mai al governo con il Pd e con Renzi”, allora vuole fare il governo con Salvini. Auguri. Ad ogni modo decideranno gli italiani se vogliono Berlusconi e Salvini o Di Battista e Di Maio o vogliono noi».

 

La legge elettorale: Berlusconi dice che si può ancora cambiare. È così?O basterà adeguare i sistemi elettorali di Camera e Senato?

«La storia della legge elettorale è l’ennesima discussione tra addetti ai lavori. Nel libro scrivo una cosa semplice. La legge si cambia con il consenso di Berlusconi e di Grillo, non venga in mente di fare una cosa contro gli altri. Perché non è giusto. Le regole del gioco si scrivono insieme. Sulla legge elettorale era stato fatto un tentativo tra quattro partiti, Pd, Forza Italia, Lega e M5s, sul sistema tedesco. Ma l`accordo non ha retto. Se a settembre, in Parlamento, saranno in condizione di fare qualcosa di diverso, si vedrà. Per me il punto di fondo è che ci debba essere il consenso di Berlusconi e di Grillo. La legge non possiamo farla da soli. Detto questo, a me interessano i posti di lavoro e non i posti in Parlamento, mi interessa come abbassare le tasse, come rilanciare l’economia del Mezzogiorno.
Stamattina ho portato i miei figli a Pompei, dove il direttore Osanna sta facendo un grande lavoro. Come i direttori della Reggia di Caserta, di Capodimonte, del Mann. Ci rendiamo conto di che cosa enorme abbiamo, di quanta forza e potenza può avere un investimento sulla  cultura, su Bagnoli, su Scampia?».

 

Mi conceda questa curiosità. Nel libro il rapporto con Berlusconi è orientato al rispetto, lei racconta il particolare della telefonata di quando il Cavaliere era in ospedale. Però, Grillo appare l’antagonista. Perché?

«Non so se l`antagonista sia Grillo o Berlusconi. Racconto la verità sul patto del Nazareno e quindi immagino che il Cavaliere non abbia apprezzato. Ma per me quella è una pagina chiusa. Io sono uno di quelli che ha sempre detto, nel centrosinistra: non parliamo male di lui. Ho sempre detto che voglio
mandare a casa Berlusconi col voto, non faccio parte di quella sinistra giustizialista che lo voleva mandare in carcere. Naturalmente c`è un tema. Berlusconi vuole fare l`Angela Merkel o il Mariano Rajoy, cioè il capo del Ppe in Italia, o vuole fare l`accordo con i populisti? Se leggo Il Mattino dico che ha scelto
distare con i populisti. Quanto a Grillo, c`è un problema, per chi vorrà governare, di posizionamento dell`Italia nel mondo. Ho messo in fila una serie di cose che hanno detto i deputati dei Cinquestelle. Fanno paura. Se dicono che per fare la pace in Libia bisogna prendere come modello il Venezuela a me fa paura.

 

Converrà però che spesso anche il Pd e i moderati si fanno dettare l’agenda dai populisti. C`è questo problema di andare all’inseguimento piuttosto che essere inseguiti? 

«È un tema vero, al quale non è facile dare una risposta. Se lei mi chiede se Grillo è un nemico, le rispondo no. Io ritengo sacrosanta la battaglia dei Cinquestelle sull’onestà. Ma non accetterò mai una battaglia giustizialista. Per me l’onesta è una cosa seria e finché c`è questa Costituzione, si è considerati cittadini onesti fino a quando la sentenza non passa in giudicato. Non è il blog che dice che, in caso di un avviso di garanzia, ti devi dimettere se sei nemico e devi restare se sei amico. Il punto sul quale mi soffermo a lungo nel libro è la politica estera dei Cinque stelle.
Quando vedo un vostro corregionale sostenere che – mentre ci sono gli incendi, evento gravissimo, al quale bisogna rispondere facendo insieme una battaglia durissima e beccando i piromani – grazie al suo intervento si è fatto un accordo bilaterale tra Francia e Italia, al punto che l’ambasciata francese
è costretto a smentirlo, beh, mi preoccupo. Così come con la vicenda dei vitalizi, il tirare in ballo un deputato morto. Ecco, quando vedo tanta superficialità, dico: occupiamo con calma lo spazio del buon senso. Certo, abbiamo fatto degli errori, ma qualcosa di buono l`abbiamo fatto, o no? Quando Paolo Siani mi dice che per nove mamme su dieci che partoriscono nel suo ospedale lui può prevedere quale sarà il futuro del bambino, perché lo riconosce dalla situazione familiare, questa mi sembra una grande ingiustizia. È una cosa da combattere, non se sei di destra o di sinistra, ma è da combattere perché è ingiusta, perché quel bambino che nasce ha diritto a vivere una vita come tutti noi. Su questi punti va fatta una grande battaglia, non inseguendo le scie chimiche, l`allunaggio, le sirene e facendo finta di chiamare l`ambasciata francese. Ecco perché a me il M5s non convince. Perciò a me non piace il reddito cittadinanza. Io sono per il lavoro a tutti, non l’assistenzialismo a tutti».

 

Condivido, nel libro, l’impostazione sul tema dell’immigrazione: difesa delle frontiere, integrazione e difesa delle radici e dei valori liberali cristiani dell’Europa. Però nei suoi tre anni a Palazzo Chigi qualcosa su questo fronte è mancato, o no?

«Penso che in tutti i settori qualcosa sia mancato. Ma vorrei che chi parla di immigrazione non dimenticasse in che condizioni abbiamo lavorato. Nel 2014 nessuno parlava di immigrazione, se non il governo italiano, tanto che nell`aprile del 2015, dopo l`ennesima tragedia nel Mediterraneo, chiediamo un consiglio europeo straordinario. Il 2015 è un anno di svolta. Tutti cambiano posizione sull`immigrazione. A partire da Angela Merkel, che a luglio del 2015
incontra una bimba palestinese, ne rimane colpita e due mesi dopo diventa la paladina dei rifugiati. Dopodiché un milione di persone arriva dalla Siria in Germania.  Anche in Italia le cose sono  cambiate più volte. Noi abbiamo fatto una battaglia per affermare il principio che i migranti non sono un problema solo del Paese che li accoglie. Ed è bene fare chiarezza. L’impegno che obbliga l’Italia a
considerare i migranti responsabilità del Paese di primo approdo è del 2003, l`ha assunto il governo Berlusconi. È l`accordo di Dublino. Accordo confermato nel  2013 con il governo Letta. E evidente, in virtù dell`accordo di Dublino, che i migranti che arrivano in Italia siano nostra responsabilità. Ma con noi si è introdotto il principio per cui ciascun Paese ha il dovere di prendersi in carico una piccola quota di migranti. Questi sono i fatti».

 

Però si gioca un po’ sull’equivoco. Quando ciascun paese si prende una propria quota si  parla di profughi. Ma i migranti economici nessuno li ha mai voluti prendere…

«In verità non hanno preso neanche i profughi… Il tema dell`immigrazione resterà per i prossimi venti anni e dobbiamo stabilire un numero massimo perché non possiamo accogliere tutti. Vanno fatte rispettare le regole costituzionali. Se una ragazzina di sedici anni vuole uscire senza velo e in minigonna deve essere libera di farlo. Finché si è in Italia, la Costituzione prevale sulle idee religiose. Infine, lo ius soli. Per me è un principio sacrosanto:lì governo ha scelto di non mettere la fiducia e io sto dalla parte di Gentiloni, sempre, e accetto questa scelta. Poi, l`Europa dovrà fare la sua parte altrimenti smetteremo di pagare i fondi agli altri paesi».

 

La retromarcia sullo Ius soli non è il segno che questa maggioranza parlamentare c’è e non c’è? 
«È certo che difendiamo il governo, è il governo sostenuto da Pd e guidato da un esponente del Pd. Si fanno le elezioni quando il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio decidono, ragionevolmente a scadenza naturale. Siccome so come si sta quando tutti ti tirano le freccette, dico che si dà una mano al presidente del Consiglio».

 

Il libro tocca il rapporto con la minoranza Pd e si coglie una certa sofferenza, si avverte la ferita. Ma lei, al netto degli attacchi subiti, non si rimprovera nulla? 

 

«Mi rimprovero tante cose, su tutto. Ma parliamoci chiaro: la questione dei rapporti interni al Pd è stato l’argomento più discusso, trito e ritrito degli ultimi tre anni. Il dibattito interno al Pd sembrava come le puntate di “Beautiful”. Cosa faranno? Litigheranno o faranno pace? E va bene, siamo un partito
democratico, ma molto democratico. Abbiamo fatto le primarie tre mesi e qualcuno già vuole rifarle. Comunque preferisco parlare delle questioni di merito piuttosto che dei contrasti tra gli attori politici. Credo che nessuno si emozioni su quando D’Alema abbia deciso di comunicare che ci sarebbe stata la scissione».

 

Però il ruolo di D’Alema, distruttivo, ha avuto anche un effetto, perché almeno sul referendum ha è stato determinante. Non poteva essere un po` più tattico con i vinti, magari lavorando perla nomina di D`Alema ad alto rappresentante della politica estera in Europa?
«Del senno del poi sono piene le fosse… La partita per il ruolo di commissario europeo, al netto delle mie opinioni, era una partita che, per portare a casa il risultato, poteva essere chiusa solo con la scelta che abbiamo fatto: cioè Federica Mogherini. Non si sarebbero create le condizioni per ottenere quell’incarico con altri nomi, sia per l’atteggiamento di alcuni Paesi sia per quello dei partiti che sostenevano l’accordo su Juncker».

 

C’era stato un avvicinamento con Prodi, poi c’è stata nuova tensione. Anche con Padoan il rapporto è stato complicato. Lei non è più presidente del consiglio ma è azionista di maggioranza del governo e qualche tensione con il ministro dell’Economia c’è. Va ricucito un rapporto?

 

«Non mi ritrovo in questo racconto. Con Padoan non abbiamo mai avuto problemi, abbiamo avuto tante volte idee diverse e siamo stati bravissimi a non farcene accorgere. Il rapporto con Pier Carlo è molto forte comunque, anche quando non siamo d`accordo. Certo, io cercavo di prendere quanti più soldi possibile dalla sua rigida difesa a catenaccio. Anche sulla questione della flessibilità: lui dice che deve riguardare la prossima legislatura, ed è quanto io scrivo nel libro. Una volta, non lo racconto nel libro, ho organizzato una cena a Palazzo Chigi con lui, Luciano Spalletti e Luca Lotti. Provate a parlare con Padoan il giorno dopo che la Roma perde una partita… E molto peggio della battaglia sul deficit. Padoan era molto interessato al perché Totti non giocasse, e ho pensato di potergli strappare uno 0,1 di flessibilità. In ogni caso le dico che fuori da noi ci sono i populisti: Grillo o Salvini. Per contrastarli, dedicheremo quattro giorni a ottobre alla discussione programmatica. Parleremo di mercato, flessibilità, pensioni, tasse. Tutti diranno la loro. Io nel frattempo comincerò ad andarmene in giro per tutte le province italiane. Mille giorni alla guida del governo sono stati uno straordinario onore. Non mi metterò in modalità broncio, ma starò in mezzo alla gente. Non ho alcuna intenzione di stare appresso agli equilibri di corrente che poi sono spifferi. Ci faremo aiutare dalle persone: anziché fare le riforme per gli italiani, stavolta le facciamo con gli italiani».

 

Lei nel libro fa un`autocritica: sono stato più piazzista che statista. Non siete riusciti a spiegare la proposta riformista. Questo apre una questione: c’è bisogno di riaprire un dialogo tra potere e intellighenzia? 

 

«Abbiamo dato 80 euro a 10 milioni di italiani, non una volta sola ma per tre e anni mezzo ogni mese e voglio vedere chi avrà il coraggio di levarli. E` stata una grande operazione di redistribuzione a favore del ceto medio. Ma ho fatto un errore io, perché non l`ho comunicato bene. La gente l`ha percepito come una televendita. Se avessi fatto un grande convegno con tre premi Nobel sulle disuguaglianze, sarebbe passata come una grande operazione economica. Abbiamo fatto un sacco di cose, forse troppe rispetto a quelle comunicate».

 

Lei nel libro racconta un aneddoto. A Cuba lei e Calenda incontraste Ratti Castro, che regalò al ministro un libro con la dedica “al comparsero Carlo”. Al che lei disse al suo ministro: “Quando ti candiderai con la destra non lo diremo a nessuno”. In effetti Calenda propone ricette più liberali sull`economia. C’è una diversità?

«Non so se la direzione di Calenda è davvero così diversa. Le operazioni economiche le abbiamo fatte insieme. E poi lui mi ha detto di essere orgoglioso del “comparsero” di Castro. Io so che abbiamo preso un Paese che perdeva il 2% e oggi cresce dell’1,4».

 

A proposito di conti, l’intenzione è lavorare con l`Europa su uno scambio tra certezza nella  riduzione del debito in cambio di maggiore flessibilità negli investimenti.

«Intendiamoci, io sono per rimettere a posto i conti. Ma il rapporto debito/Pil non scende con l’ austerity ma con la crescita. L’austerity crea povertà, non ricchezza. Ecco perché c`è bisogno di politiche diverse. Finché c’è la disoccupazione giovanile al 35%non possiamo nemmeno guardare in faccia le nuove generazioni. Dobbiamo scendere almeno al 20».

 

Sulle banche lei dice che è stato un errore affidarsi solo a Bankitalia. Vuole spiegare meglio perché?

«Se tornassi indietro, sicuramente cambierei strategia. Se avessimo fatto un team nostro a Palazzo Chigi in collaborazione con Banca d`Italia, le cose sarebbero andate meglio. Ma che io, che ho due mutui, debba diventare in certe narrazioni amico dei banchieri e dei poteri forti, mi scappa da ridere. Si è parlato solo di Banca Etruria in questi tre anni. Ma di quello che è successo negli ultimi 15 anni ne vogliamo parlare? L`acquisto di Montepaschi su Antonveneta, ne parliamo? Le operazione su Banca 121 di Montepaschi, ne parliamo? Di quello che è successo in Veneto, ne parliamo? Si è parlato solo di Banca
Etruria, è sembrato che il problema fossero quattro piccole banche».

 

Il libro racconta la sua esperienza al governo anche attraverso il racconto privato…

«Ricordo di un viaggio su un volo di Stato per il Giappone per una visita. Attraversavamo le due Coree e dal cielo spiccavano le differenze: la Corea del Sud piena di luci e la Nord nel buio più assoluto. Il comandante dell`aereo spiegò a mia figlia che l`una era illuminata perché libera e democratica, l`altro oscura perché sotto la dittatura. Al che mia figlia, che non si perde una trasmissione in cui mi attaccano anche dicendo che voglio una pericolosa dittatura, mi disse: “La Corea del Nord è come quella che vuoi fare te?…».

 

Lei non risparmia critiche a editorialisti dell’establishment che lisciano il pelo alle forze anti- sistema. A chi si riferisce?

«E devo pure sentirmi dire che sono un servo dell’establishment… Possono dirmi tutto, che non li ho convinti, che ho sbagliato. Ma noi siamo venuti alla ribalta senza padrini né padroni, non siamo esponenti del sistema».

 

Capitolo pensioni: si avverte una certa incoerenza nel sistema, tra le nuove pensioni pensate per i giovani, l`aumento dell`età per lasciare il lavoro, il dibattito mai concluso sulla legge Fornero…

«Io credo che la legge Fornero sia la cosa più importante del governo Monti. Ha messo in sicurezza i conti. Tanto per intenderci, Macron in Francia dovrà fare un Jobs Act e una Fornero: magari li farà meglio, o peggio, ma è una strada obbligata. La legge è stata importantissima e non la mettiamo in discussione.
Tuttavia vogliamo dare degli strumenti ai penalizzati per risolvere alcuni problemi: alcuni scaloni sono stati troppo forti, quelli coinvolti un po’ rosicano, e giustamente. Io non sono per mettere in discussione il sistema, ma per usare il buon senso. Alla fine l`Ape ha funzionato e non mette in crisi il sistema dal punto di vista finanziario».

 

Parliamo di scuola, anzi di Buona Scuola. E’ una riforma che lei sembra aver un po’ mollato. Ha ceduto all’impatto sui consensi?

«Abbiamo sbagliato. Non siamo riusciti a coinvolgere quel mondo. Molti professori ti danno ragione punto su punto e non sanno nemmeno perché sono contro. È stato usato un linguaggio non coinvolgente. Abbiamo fatto una discussione di un anno e non se l`è filata nessuno: la campagna di ascolto non è passata. Rivendico i 4,8 miliardi di euro messi per l`edilizia scolastica: le inaugurazioni le farà Gentiloni, ma va bene così».

 

Però sulle scuole aperte in estate il progetto del Miur, nato per contrastare la dispersione scolastica e favorire l`inclusione  sociale, non prenderà il via prima di due mesi, e dunque questa estate nessuna scuola resterà aperta.

«Questo è un errore clamoroso, mi fa arrabbiare e mi indigno anch`io insieme a voi. Penso a esperienze straordinarie come quella di Padre Loffredo alla Sanità, che hanno bisogno di presidi fisici per concretizzarsi. La scuola ha bisogno del nostro impegno. Non ho mollato la scuola. Io ho perso il referendum al Sud e fra i giovani. Prendiamo atto degli errori e della lezione e ripartiamo».

 

Questa ripartenza riguarderà anche la giustizia? E sicuro che la situazione sia davvero migliorata?

«No, la svolta non c`è stata. Siamo stati troppo timidi e il punto chiave rimangono ancora i tempi, specie nel civile. Ma sul tema c`è bisogno di un cambio culturale. Non è che se ti arriva un avviso di garanzia sei già colpevole. Trovo barbarico quanto sostiene un magistrato come Piercamillo Davigo, per il quale un
cittadino assolto non è detto che sia innocente ma solo che non si sono trovate prove per dimostrare la sua colpevolezza. Io ho grande rispetto per la magistratura, e per quella napoletana in particolare, ma sulla vicenda di mio padre andremo fino in fondo. Non accetteremo verità di comodo. Io non mollo di un
millimetro. Se qualcuno nelle istituzioni ha fabbricato prove false per tenere in mano il presidente del Consiglio, bisogna andare fino in fondo e arrivare alla verità. Non posso credere che, in quella indagine, mio padre avesse titolo per essere intercettato. Sono certo che gli organi competenti, a cominciare dal Csm, sapranno fare le loro valutazioni. Io sono un po’ toccato da questa vicenda. Mio padre è in ospedale per un`operazione al cuore, per questo motivo, sarà lì fino a giovedì e domani andrò a trovarlo. Ma vorrei dire che non mi preoccupo in quanto figlio ma in quanto persona che ha avuto degli incarichi istituzionali, e con le istituzioni democratiche non si scherza. Io ho l`opportunità di dire la mia, ma sono
tante le persone che non si possono difendere. Noi siamo dalla parte della giustizia e non mettiamo in discussione i magistrati, ma se c`è chi non rispetta le regole, bisogna fare chiarezza».

 

Oggi c’è la firma per la riqualificazione di Bagnoli. Nell’aprile dell`anno scorso veniste accolti da una sassaiola in prefettura, domani invece ci sarà anche il sindaco De Magistris, che si era sempre opposto al piano. Cosa ne dice? 

 

«Dico “viva il sindaco”, se qualcuno cambia idea è segno d`intelligenza. Ora quel progetto diventa patrimonio condiviso con la città di Napoli. Non c`è un metro quadrato in più di cemento. Mettiamo la parola fine a una delle più scandalose vicende procedurali e burocratiche degli ultimi vent’anni. Sarà un progetto per Napoli e per il suo futuro».


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