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Se vince il Si...se vince il No - la newsletter di Marina Sereni

30 Novembre 2016




Ultima newsletter prima del voto del 4 dicembre, ultimi scampoli di una campagna referendaria lunghissima. Ho promosso e partecipato a molte iniziative - in Umbria e in giro per l'Italia - ho discusso con tanti cittadini, ho trovato tante belle persone animate da passione civile e sincero interesse per le sorti del nostro Paese. 

Qualche sera fa a Brescia, al termine di un bell'incontro con il professor D'Alimonte, un signore si è avvicinato e, riferendosi al mio appello alla mobilitazione di tutti e al valore del "passaparola" per convincere gli indecisi, mi ha chiesto: "ma non trova deprimente che gli elettori si fidino di più di un loro conoscente piuttosto che di voi politici?". La domanda mi ha fatto riflettere su come siamo arrivati a questo referendum e su cosa c'è in gioco. Nel momento di massima sfiducia nella politica e nelle istituzioni, la politica e le istituzioni hanno trovato - in una congiuntura drammatica e straordinaria, segnata dalla coda lunga della crisi economica e sociale - la forza e il coraggio per cambiare se stessi. 

La direzione è quella auspicata da più di trent'anni a sinistra come a destra, e soprattutto tra tanti elettori scocciati e disgustati dal cattivo funzionamento del sistema politico italiano: più sobrietà, decisioni in tempi certi e più rapidi, più stabilità, più responsabilità. Con due Camere che non faranno più lo stesso lavoro, chiunque governerà - a Roma e nelle Regioni - non avrà più alibi: dovrà rendere conto di ciò che ha fatto o non ha fatto e non potrà più accampare la scusa di un funzionamento obsoleto e inadeguato del Parlamento o di una confusa attribuzione di competenze tra Stato e Regioni. Fuori dai tecnicismi questo è il cuore della riforma.  Ora la parola spetta ai cittadini e alle cittadine: nella matita che avranno in mano il 4 dicembre c'è la risposta alla domanda che quel signore mi ha rivolto a Brescia. La politica ha compiuto un passo, per la prima volta, dopo tanti tentativi rimasti a metà, ha avanzato una proposta per cambiare le istituzioni, per decidere meglio, per rispondere meglio alle esigenze dei cittadini. Se i cittadini diranno Sì anche le imperfezioni della riforma potranno essere corrette in corso d'opera, nella concreta attuazione di tutte le novità che essa contiene. Se i cittadini diranno No per molti anni non se ne riparlerà e tutto ciò di cui si lamentano resterà lì... Davvero ora ogni elettore ha il potere di decidere se vuole o no una politica diversa, una democrazia più forte.

P.S. Ieri a Torino, prima di un saluto (e un ballo!) al Centro di Incontro di Corso Belgio e prima dell'iniziativa pubblica sul referendum con il Comitato Insieme per il Sì, sono passata nella sede della associazione ASAI nel quartiere di San Salvario.

Avevo conosciuto Riccardo, insieme ad altri operatori e operatrici e molti volontari dell'associazione, lo scorso anno nel quartiere di Porta Palazzo ed ero rimasta molto colpita dall'entusiasmo e dalla serietà del loro lavoro nel campo socio-educativo rivolto ai ragazzi stranieri in primo luogo.  Avendo saputo che nella sede di San Salvario nelle scorse settimane si erano verificati episodi gravi e inquietanti, con scritte razziste sui muri esterni, ho creduto giusto andare di nuovo a trovarli e far sentire loro la mia vicinanza. Ma, come spesso accade in questi contesti, sono stati loro a darmi molto di più: stimoli e idee, la testimonianza concreta di ciò che si può fare ogni giorno per seminare antidoti efficaci contro la paura, il razzismo, la sfiducia. Non negando i problemi, ma guardandoli nella loro consistenza reale. Capire chi si lamenta per fenomeni di degrado legati allo spaccio, capire che c'è molta solitudine anche nei quartieri più affollati, capire che bisogna lavorare ogni giorno per creare legami di comunità. Mi hanno raccontato di queste ultime vicende e di come hanno risposto, di ciò che stanno pensando di fare per dialogare di più con il quartiere. Qui trovate la loro idea di come sconfiggere la volgarità e la violenza. Non abbiamo parlato del referendum, ma pensando al giorno dopo, al 5 dicembre, mi sono detta che anche per loro, anche per chi sceglie nel sociale di stare sulle frontiere difficili, serve una politica che non si rifugi dietro facili slogan e facili "nemici" e che scelga la strada - più difficile ma di gran lunga più alta - della ricerca del cambiamento possibile, del dialogo e della partecipazione, della responsabilità.


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