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Caro Montanari, accusare Napolitano sul referendum è superficiale e strumentale - dal blog di David Sassoli sull'Huffington Post

23 Novembre 2016

Non so dove si trovasse il professor Montanari nel 2005. Io mi trovavo con Libertà e Giustizia a difendere la costituzione in compagnia di maestri molto cari ai progressisti italiani. Nei teatri di Roma e Milano ci ritrovammo con Leopoldo Elia, Oscar Luigi Scalfaro e Umberto Eco, perché in quel momento un governo di destra voleva stravolgere l'assetto repubblicano e parlamentare.

E ci ritrovammo molte volte per dire "no grazie" al premierato tanto desiderato da Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Non era la prima volta che la destra provava a stravolgere la Carta fondamentale. Sulla spinta del prof. Miglio, della Lega e di Berlusconi un'aria pesante si respirava anche nel 1995. Fu in quel contesto, di fronte a tentativi di stravolgere la Carta fondamentale, che in Parlamento venne presentata una proposta per rafforzare i meccanismi che tramite l'articolo 138 consentono di modificare la costituzione. La maggioranza a quel tempo era molto aggressiva. A firmare quella proposta, fra gli altri, Giorgio Napolitano, Sergio Mattarella, Alberto Monticone, Sandra Bonsanti e Walter Veltroni.

Per fortuna sappiamo come sono finite le ipotesi di riforma costituzionale della destra, bocciate anche a grande maggioranza dai cittadini come nel 2006. Tirare fuori adesso quella proposta di modifica del 138, animata da prudenza e saggezza, per criticare il presidente Napolitano e accusarlo di incoerenza è un modo superficiale e strumentale di condurre la battaglia referendaria. Evitare di contestualizzare è sempre un modo per fare propaganda. E "fa specie" che questo metodo venga usato da uno storico di professione.

La proposta che si voterà il 4 dicembre non presenta nessuno dei pericoli che incontrammo durante i governi Berlusconi. Non si toccano i principi fondamentali, la forma di governo, i poteri del presidente del Consiglio. Anzi, con la riforma la maggioranza avrà più difficoltà ad intervenire.

Le modifiche costituzionali resteranno bicamerali e con la composizione del Senato da parte delle regioni sarà più difficile raggiungere una maggioranza omogenea. In tempi di populismo e nazionalismo solo un ampio consenso potrà consentire modifiche costituzionali. Il pluralismo regionale sarà un antidoto per chi vorrà compiere colpi di mano.

E ancora: con la riforma si toglie alla maggioranza la possibilità di intervenire sulla legge elettorale senza il parere preventivo della Corte costituzionale e al governo di utilizzare in modo distorto la decretazione d'urgenza. Non si sottraggono poteri al Parlamento, ma si precisano le responsabilità di ogni Camera, realizzando un bicameralismo che non sia paralizzante per il sistema democratico.

Stiamo parlando, insomma, di come organizzare un paese lungo mille chilometri con 60milioni di cittadini: quali poteri debbano tornare allo Stato e quali restare alle Regioni, come debba svilupparsi il processo legislativo, quali tempi debbano essere previsti per varare una legge.

Cosa farebbe imboccare al nostro paese, come sostiene il professor Montanari, quella deriva autoritaria che imporrebbe di riprendere una proposta di legge per blindare l'articolo 138, come nel 1995?

"Cultura è equilibrio intellettuale, riflessione critica, senso di discernimento, aborrimento di ogni semplificazione, di ogni manicheismo, di ogni parzialità", scriveva Norberto Bobbio. La sua lezione è ancora attuale, specie per gli intellettuali che scendono in politica con il desiderio di distribuire patenti di coerenza.


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