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Hillary è tornata e questa è una buona notizia - intervento di Vittoria Franco sull'Huffington Post

16 Settembre 2016



Quando Hillary Rodham Clinton ha vinto, nel giugno scorso, le primarie americane diventando la prima donna candidata alla presidenza della maggiore potenza economica e militare del mondo, è venuto naturale ripensare mentalmente a quanto è stato lungo e faticoso il cammino che portava finalmente un'esponente del sesso femminile a quel traguardo.

Lungo, troppo, anche per un paese, terra delle pari opportunità, in cui le donne erano considerate "di eguale valore" già negli anni Trenta dell'800, come apprendiamo dalle considerazioni che Tocqueville svolge nella sua Democrazia in America mettendola a confronto con l'aristocratica, e retriva, Francia: "Gli americani mostrano continuamente una piena fiducia nella ragione della loro compagna e un rispetto profondo per la sua libertà. Essi giudicano che il suo spirito sia altrettanto capace di scoprire la verità quanto quello dell'uomo e il suo cuore abbastanza costante per seguirla; non hanno mai cercato di mettere la virtù dell'uno più di quella dell'altro sotto il riparo dei pregiudizi, dell'ignoranza o della paura".

Quello spirito di libertà e quella capacità riconosciuta, sgombri da pregiudizi, hanno consentito a tante donne di arrivare ai vertici di compagnie economiche importanti o della direzione di importanti testate giornalistiche, ma non sono stati sufficienti neanche ad avvicinare una donna alla posizione di governo più elevata. Ora questo è accaduto. Con Hillary: una donna preparata, competente, autorevole, forte; dotata di tutti i requisiti del caso, compreso quell'equilibrio mentale e politico richiesto a una posizione e a una funzione di tale responsabilità. Possiamo dire davvero che è un'occasione storica per gli Stati Uniti e per le donne, tutte, nel mondo. Un fatto che riveste un valore simbolico enorme e che può avere ripercussioni decisive sui destini di tutte. Un valore racchiuso in quell'immagine della candidata sulla cui testa si frantuma il famoso soffitto di cristallo. Una svolta, questa sì, davvero epocale.

Il malore che l'ha colpita l'11 settembre improvvisamente è sembrato cancellare tutto questo, come se svanisse un sogno. Faceva male leggere articoli sui possibili sostituti, tutti rigorosamente maschi. Si doveva ritornare indietro, necessariamente? Il soffitto di cristallo era destinato a ricomporsi? No! Hillary è tornata in campo, rassicurante e, se possibile, ancora più motivata. Deve dimostrare che la fragilità del corpo, la sua vulnerabilità, fa parte della dimensione umana - femminile e maschile - e che essa non interferisce con la capacità e la possibilità di diventare Commander in Chief. L'ha fatto con un applauditissimo discorso in North Caroline, in cui ha messo al centro le preoccupazioni delle famiglie americane: la salute, l'educazione e la formazione dei figli, il futuro dei bambini.

Certo, la condizione nella quale Hillary è diventata candidata non è delle migliori. Da un lato, eredita 8 anni di presidenza Obama - anche lui presidente di rottura perché afroameicano - che ha introdotto novità rilevanti soprattutto nel sistema del welfare e nella politica internazionale, ma che sono state e sono grandemente contrastate all'interno, e che sarebbero vanificate con Trump; dall'altro, c'è un candidato repubblicano che rompe con la tradizione del rispetto dei valori costituzionali, tanto che molti degli stessi repubblicani dichiarano di non volerlo votare.

La candidatura della Clinton si carica dunque di un significato aggiuntivo: valore simbolico per le donne, salvaguardia dei valori di democrazia, di eguaglianza e di libertà che hanno fatto grandi gli Stati Uniti d'America, ampliamento dei livelli di benessere delle cittadine e dei cittadini. Per questo tutti gli interventi alla Convention democratica hanno insistito sul futuro di quel paese. Michelle Obama ha manifestato tutta la sua preoccupazione facendo riferimento ai bambini e al tipo di società in cui sarebbero destinati a vivere se venissero meno quei valori americani, capaci di ispirare politiche coerenti di promozione dell'eguaglianza. Si tornerebbe a una società basata sulle discriminazioni di razza, di classe sociale, di sesso. L'ha ricordato Chelsea richiamando il dovere di "proteggere i nostri valori morali" contro quel virus pericoloso della discriminazione che si è insidiato nel paese. "Non è più - ha detto - una questione di due pareri differenti, ma di un odio e di una faziosità che dobbiamo combattere". È una lezione che vale anche per europei e italiani. E una vittoria di Hillary aiuterebbe anche noi a combattere con più forza e decisione i diversi populismi basati sul "principio di discriminazione" che si vanno affermando.


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