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Un nuovo senso del dovere. Subito un esercito europeo - articolo di David Sassoli dall'Huffington Post

15 Novembre 2015


"C'est la guerre", titola in modo diretto e senza giri di parole Le Monde
. E non si tratta di un modo estremo di commentare la carneficina e motivare l'orrore che ha trattenuto tutti nella notte fra venerdì e sabato davanti alla tivù, con le lacrime agli occhi, il cuore spezzato e l'ansia che provoca quel senso di smarrimento di fronte a un pericolo che all'improvviso sfonda la porta di casa. Non siamo in guerra e non la vogliamo, ma all'Europa è stata dichiarata guerra da un nemico interno in stretto contatto con uno esterno. E non solo.

La minaccia è portata nel cuore dell'Europa e ai paesi che combattono il califfato. Venerdì la Francia, giorni prima la Russia con l'aereo partito dall'Egitto. Le motivazioni che spingono giovani europei di fede islamista ad uccidere in modo indiscriminato e a suicidarsi pur di raggiungere questi obiettivi faranno parlare per lungo tempo. Ma oggi c'è qualcosa di più urgente su cui riflettere. Siamo preparati a sostenere il peso di questa minaccia?

Non basta dire che non ci faremo sopraffare, non cambieremo i nostri stili di vita e i nostri valori non crolleranno per esorcizzare una stagione di odio, di rancori repressi e azioni militari condotte nelle strade delle nostre città contro di noi, i nostri giovani e i compagni della nostra vita. Se vogliamo vincere dobbiamo sapere innanzitutto che ci hanno dichiarato guerra e adeguare i nostri comportamenti in modo coerente. Quando ci saremo asciugati gli occhi, pur sapendo che per tanti le lacrime non si asciugheranno mai, quali scelte ci guideranno nel tempo che ci è dato da vivere? Anche perché altri proveranno a imitare i killer della notte più lunga di Parigi; altri guerriglieri cercheranno di scagliarsi contro di noi; altri architetti del terrore metteranno a punto rappresaglie globali a chi combatte in Siria.

Il fatalismo potrebbe condurci in un vicolo cieco. E la regola per fronteggiare il nemico è da sempre quello di riscoprire il proprio senso del dovere. Il dovere di fare la propria parte, di contribuire a scelte concrete. Bene ha fatto il presidente del Consiglio a riunire i capigruppo di maggioranza e opposizione e invitare tutti a indossare l'abito della responsabilità. Poi ognuno tiri le conclusioni che vuole. E non è questione di parole, ma di comportanti. E l'esempio ci arriva dalla nostra storia. Tante altre volte i popoli europei hanno conosciuto l'ora della scelte gravi. L'esempio britannico durante il secondo conflitto mondiale è ancora un punto di riferimento morale e politico. Il giorno dopo la carneficina, lo spettacolo di molti politici chiamati a riempire i talk delle tivù italiane, pubbliche e private, è stato agghiacciate. A tanti di loro, di qualsiasi parte politica, nessuno mai chiederebbe un consiglio, né tanto meno di farsi portare in guerra.

Per la politica che vuole ritrovare senso è questo il momento di una profonda conversione di atteggiamenti. Ed è questo l'unico modo per resistere. Per noi che siamo impegnati al Parlamento europeo, ad esempio, è il momento di lavorare su alcuni dossier finora rinviati, ma decisivi. Non basta più dire che in questo momento serve più Europa. Occorre dimostrare che l'Europa ha idee, strategie e iniziative. Nell'ultimo anno si è lavorato soprattutto su economia, zona euro, migranti. Con alcuni provvedimenti, è stato consentito a Commissione e Consiglio di adottare misure fino a poco tempo fa impensabili e in questo l'iniziativa italiana è stata decisiva.

Adesso dobbiamo concentrarci subito sulla difesa comune, interna ed esterna. I documenti prodotti nell'ultimo periodo dalla presidenza Juncker ci offrono molti spunti per rilanciare la formazione di un esercito europeo. Vediamo alcuni dati. Nell'Unione ci sono 28 eserciti con una spesa militare che è seconda soltanto agli Stati Uniti. Il risultato è solo economico, perché l'Europa non è la seconda potenza militare globale e non è in grado di coordinare interventi per garantire la sicurezza del suo spazio geografico. I coordinamenti tecnici sono formali e le gelosie nazionali ancora inossidabili. Inoltre, mentre la spesa militare cresce in molti paesi - Cina +167%, Russia +97%, Arabia Saudita +112%, India 39% da noi gli effetti della crisi hanno prodotto una diminuzione del 9%. Solo gli USA sono rimasti al palo.

E ancora: il dispositivo militare non è coordinato e ogni paese europeo continua a dotarsi di armamenti secondo criteri discrezionali e non standardizzati. Leggendo il rapporto dell'ESPC, il gruppo di esperti della Commissione europea, siamo in presenza di scelte improntate a dilettantismo. Le forze armate Usa dispongono di solo 9 tipi di mezzi corazzati e complessivamente sono 27mila; in Europa ve ne sono 37 tipologie diverse per un totale di 17mila. Nel settore aeronautico va ancora peggio. Spesa enorme per risultati inefficaci. Eppure i confini europei sono ad alto rischio. La minaccia è reale.

L'esercito europeo è ormai una necessità strategica, politica ed economica e significherebbe, fra l'altro, dotare la politica estera di strumenti efficienti di deterrenza e intervento. Il percorso immaginato dal Trattato di Lisbona prevede una cooperazione rafforzata fra Stati che condividano le medesime finalità. Come per l'Euro. Chi ci sta ci sta. Ma per cominciare servono governi disposti a tirare la volata. Se si attende, invece, che l'Europa marci allo stesso passo, che tutto sia deciso all'unanimità, il processo non partirà mai. Parlamento europeo e Commissione Juncker possono oggi tagliare il nastro e spingere per un'area di difesa integrata. Le convenienze sono evidenti. Integrare gli apparati militari avrebbe anche un effetto di trascinamento per il settore della sicurezza interna. Adesso non andiamo oltre la collaborazione fra le centrali d'intelligence e le polizie nazionali, mentre solo il cielo sa quanto avremmo bisogno di una politica comune per la sicurezza interna. Se non dobbiamo avere paura del terrorismo, non possiamo intimorirci per le resistenze nazionali. Serve spingere e basta. La sfida è aperta e dare maggiore sicurezza ai cittadini europei sarà una delle risposte all'orrore che abbiamo visto correre poche ore fa nelle strade di Parigi.


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