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Non c’è un piano B e oggi Mattarella diventerà Presidente - intervista al vice capogruppo PD alla Camera Ettore Rosato de Il Piccolo di Trieste

31 Gennaio 2015

ll triestino Rosato, grande mediatore della partita per il Colle, ostenta sicurezza sulla fumata bianca alla quarta votazione

di Marco Ballico


TRIESTE «Si parte da Sergio Mattarella, si arriva a Sergio Mattarella. Non c’è un piano B». Silvio Berlusconi che protesta? «Inspiegabile». Ettore Rosato, vicepresidente vicario del Pd alla Camera, la partita del Quirinale la sta vivendo da protagonista. Fa parte della cerchia ristrettissima di quelli che sanno, o almeno sperano di sapere, come andrà a finire. E, dopo la prudenza mantenuta fino a mercoledì notte, da due giorni trasmette senza timore informazioni di prima mano. Perché, spiega, «non c’è nulla da nascondere: il nostro candidato è uno solo». La raccontano come infaticabile mediatore in queste ore. Più di sempre. Non lo devo dire io. Faccio il mio dovere di parlamentare. In questa fase mi comporto da ufficiale di collegamento. È uomo di fiducia di Matteo Renzi? No, no. Per fortuna Matteo ha moltissimi uomini di fiducia. Come si vive la partita del Quirinale? Con grande responsabilità nei confronti di un paese che percepisce l’importanza del momento. Tanto più dopo aver avuto un presidente del livello di Giorgio Napolitano in nove anni difficilissimi. Che clima si respira alla vigilia del giorno che ci si attende decisivo? Molto positivo. Innanzitutto nel Pd. C’è sintonia per le cose che stiamo costruendo. Merito del premier? Conta molto il lavoro che Renzi ha fatto per creare le condizioni di una scelta condivisa con i gruppi parlamentari e le altre forze politiche. Almeno quelle che ci volevano stare. Cos’ha pensato quando Renzi ha incontrato Berlusconi da solo? Capisco che faccia notizia se dall’altra parte c’è Berlusconi. Ma, sulle elezioni del presidente della Repubblica, un leader politico deve contribuire a una scelta che la Costituzione vuole sia fatta da maggioranza e opposizione insieme. Si è comunque trattato di un incontro normalissimo, come tanti altri personali del premier. Sono passate poche ore e Berlusconi, però, non è contento. Una reazione, sul piano politico, inspiegabile. Strumentale? Soprattutto illogica. Per quale motivo? Perché, nell’indicazione di Mattarella, abbiamo seguito i criteri delineati insieme. Dopo di che era evidentemente diritto-dovere del Pd, che conta il 45% di delegati, scegliere il candidato. Questo non poteva essere e non è mai stato in discussione. Qual è stato il profilo condiviso con Berlusconi? Quello di una persona di esperienza, istituzionalmente ed eticamente ineccepibile, integerrima, non divisiva, un capo dello Stato al di sopra delle parti che abbia la capacità di comunicare un messaggio di rappresentanza ampia al paese. C’era solo Mattarella? Fortunatamente no, nessuno l’ha mai sostenuto. Ma Mattarella risponde perfettamente al profilo concordato. Non è un presidente da Twitter, ma ha tutte le caratteristiche che servono. Nessun piano B, dunque? Non ne abbiamo bisogno. Il nostro candidato è stato del resto approvato all’unanimità da deputati, senatori e grandi elettori del Pd. Garantisce che non ci saranno stavolta gli scivoloni dem di due anni fa? Difficile dare garanzie. Ma sono convinto che il Pd rimarrà compatto sul nome di Mattarella. Rispetto al 2013 fa siamo più maturi. Dobbiamo riscattarci e non ho dubbi che lo faremo. Alla fine anche Berlusconi si convincerà? Penso di sì. Sarebbe sorprendente non arrivare a una convergenza piena. Difficile davvero da spiegare il perché non votare Mattarella. Anche Berlusconi credo che alla fine dovrà ammettere che non c’è un solo motivo per non prendere quella strada. Si chiude sabato? Sì, alla quarta votazione. Mi attendo segnali positivi anche da Forza Italia. Se non arriveranno, teme che salti il patto del Nazareno e conseguenti ripercussioni sul lavoro del governo? Il governo non è sostenuto da Fi, quindi siamo tranquillissimi. Anche sulle riforme? Le riforme non sono un accordo tra due partiti. Fi non potrà spiegare agli italiani che, per il fatto di non aver potuto indicare un uomo di suo gradimento al Quirinale, non voterà più a favore del cambiamento. A quel punto confesserebbe di avere collaborato sin qui per puro tornaconto personale. Gli interessi generali vengono sempre prima. Come valuta la spaccatura del Movimento 5 Stelle proprio sul dopo Napolitano? Legittima discussione all’interno di un gruppo politico. Credo che anche nel M5S ci sia la consapevolezza che il suo contributo a questo passaggio di così grande importanza serve, è dovuto. Nella riforma costituzionale che stiamo portando avanti alziamo ulteriormente il quorum necessario per l’elezione del presidente della Repubblica, consapevoli che si tratta di un punto di intesa e dialogo tra maggioranza e opposizione. Si dice che il suo dialogo con i grillini fuoriusciti sia stato molto fitto negli ultimi giorni. Dialogo con tutti. E quindi sia con chi ha deciso di uscire dal M5S, sia con chi è rimasto dentro. Ma le scelte di ciascuno sono state ovviamente fatte in assoluta autonomia. I nomi proposti da Grillo? Personalità di altissimo spessore, ma l’uso che ne fa è strumentale, all’interno di un sito commerciale.


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