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D’Antoni: è una scelta che unisce. Così l’Italia può cambiare - intervista a Sergio D’Antoni de Il Tempo

31 Gennaio 2015




di Antonio Angeli


«Verso l’Europa passando per il Sud»: questo il percorso che deve fare l’Italia per Sergio D’Antoni, politico e sindacalista, già parlamentare del Pd. E siamo sulla buona strada. 

Onorevole Sergio D’Antoni, cosa caratterizza questa elezione del Capo dello Stato? 

«Il passaggio è delicato. La scelta è caduta su una persona, Sergio Mattarella, che ha tutte le caratteristiche per affrontare un momento delicato e questo è il segno che il meglio di noi lo diamo nelle circostanze particolari». 

Si riferisce agli italiani o al Pd?
 

«Mi riferisco agli italiani, dei quali il Partito democratico è un pezzo significativo. E mi riferisco al clima di grande compattezza del Pd, ma anche al fatto che una scelta come quella di Mattarella è di tale livello che sono sorpreso che le altre forze politiche non lo sostengano». 

Quando si cerca una figura condivisa, spesso è un ex democristiano. Perché? 

«Non parlerei oggi di una identità partitica che non esiste più, quanto di una capacità di interpretare sentimenti, profondità, valori che quel mondo ha espresso ed esprime. Anche se il partito non c’è più, quei valori sono sempre presenti e dì grande attualità. Basta vedere, senza voler fare paragoni impossibili, le ripercussioni delle posizioni di Papa Bergoglio per rendersi conto che questo è un mondo ancora di grande attualità. Quel tipo di cultura è sicuramente una caratteristica dell’Italia e, in momenti delicati come questo, ricorrere a figure che abbiano quel tipo di valori è indicativo e non significa ritornare nostalgicamente al passato, anzi, vuol dire guardare avanti». 

Ma questo nome non nasce da una concertazione. E lei è stato l’inventore della concertazione. 

«Sì, me lo attribuisco, senza fare il falso modesto. La concertazione è mettere insieme forze sociali, politiche per obiettivi comuni, ciascuno per la propria responsabilità. Una cosa è mettersi d’accordo sulle grandi questioni che riguardano le regole, la Repubblica: per questo sostengo che l’accordo che c’è stato tra Renzi e Berlusconi sulla legge elettorale, sull’assetto costituzionale, sia stato un buon accordo. Possiamo chiamarlo concertazione. Altra questione è quella del momento, perché un grande partito deve allargare il suo consenso e scegliere una figura di grande unità sua e degli altri. Infatti nessuno dice che non va bene la persona, ma il metodo. Io mi chiedo però: cosa c’è che non va nel metodo?» 

Con la possibile candidatura Prodi che cosa è successo? 

«Prodi, che io stimo tantissimo, rappresentava un elemento divisivo, perché era stato un protagonista attivo dello scontro bipolare. Mentre la figura di Mattarella è coesiva, una figura che unisce».

Da questo settennato uscirà un’Italia diversa? 

«Sì, siamo fuori dalla logica dell’emergenza, speriamo di avere un settennato diverso da quello che ha dovuto affrontare Napolitano. Credo che l’aver avviato una fase di cambiamento profondo e anche l’avere messo in moto un meccanismo di uscita dalla crisi economica sia il segno per avere un settennato migliore, con il rilancio del sistema economico e sociale che è quello di cui hanno bisogno gli italiani. I punti fondamentali sono tre: andare verso gli Stati Uniti d’Europa. Secondo: un capitalismo partecipato, i lavoratori devono poter decidere, nelle aziende, insieme agli imprenditori e il sistema tedesco lo dimostra. Terzo: il recupero delle fasce deboli, abbiamo un Paese troppo diseguale, basta citare nord e sud».


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