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Sbrollini: "Iniqua assegnazione del fondo per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne"

29 Luglio 2014





Ogni singolo caso di violenza contro le donne riaccende i riflettori sulla mancanza di risorse destinate ai centri antiviolenza e alle case rifugio che da anni svolgono una funzione irrinunciabile nella lotta alla violenza e nel sostegno delle vittime all’interno di un percorso di tutela, protezione e recupero di autonomia e indipendenza». È quanto dichiara la Vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera, Daniela Sbrollini, impegnata in un’interrogazione rivolta al Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio per chiedere di porre rimedio ad una iniqua assegnazione delle risorse che penalizza i 188 centri e le 164 case rifugio presenti in Italia.
«In base alla ripartizione delle risorse finanziarie del Fondo 2013-2014 destinato alla prevenzione e al contrasto della violenza contro le donne (17 milioni di euro, di cui 10 per il 2013 e 7 per il 2014), appare sproporzionata la parte del finanziamento assegnata alle Regioni perché attuino nuove “azioni di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli”. Infatti, si tratta di azioni tutte ancora da scrivere, dai contorni non ben definiti, che rischiano di essere improvvisate e che possono essere troppo legate ai livelli istituzionali laddove, invece, vanno sostenute le reti indipendenti», spiega la deputata. «Abbiamo numerosi centri antiviolenza e altrettante case rifugio che fanno fatica anche solo a pagare le utenze e che andrebbero invece sostenute vista la funzione e l’importanza che hanno sui territori in cui operano da decenni e in regime di volontariato. Con l’attuale ripartizione del Fondo, a ciascuna di queste strutture spetterebbero solo 3mila euro l’anno». 
«Insieme ad alcuni colleghi della mia Commissione, ho sottoscritto un’interrogazione rivolta al Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio affinché vengano rivisti i criteri di ripartizione del Fondo spostando l’asse sulle strutture già attive affinché si possano consolidare e implementare le attività indipendenti già sperimentate con successo che hanno consentito già a moltissime donne di ritrovare una strada e salvarsi la vita.


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