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Per domare i mercati serve la politica

03 Agosto 2012

L'editoriale di Marina Sereni

Venerdì scorso le parole di Draghi avevano portato un effetto benefico e rassicurante, facendo abbassare lo spread e crescere le Borse. Dopo una settimana le parole di Draghi provocano un repentino rialzo del differenziale tra Btp e Bund e una caduta dei listini. Perché i mercati hanno reagito così? Forse perché le attese erano troppo elevate? Oppure perché i risultati della riunione della Bce hanno effettivamente contraddetto gli annunci del Presidente? In realtà, come spesso accade in questi tempi, la verità è nel mezzo e il bicchiere è mezzo pieno o, se preferiamo, mezzo vuoto. La discussione all’interno della Bce è stata complessa e il punto di mediazione tra falchi e colombe ha portato a confermare l’impegno di Draghi a interventi non convenzionali per calmare l’eccessivo livello dello spread ma al tempo stesso a prevedere preventivamente una richiesta esplicita dei Paesi interessati, secondo i meccanismi già decisi in sede di Consiglio Europeo a fine giugno. La richiesta dell’intervento del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria non comporta condizioni aggiuntive rispetto agli impegni già assunti a livello internazionale ma certo i dettagli non sono ancora tutti chiari e soprattutto c’è una certa dose d’incertezza sull’entrata in vigore del Meccanismo Europeo di Stabilità  (che sostituisce il FESF) in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca fissato per il 12 settembre.

Insomma, chi come noi aveva tirato un sospiro di sollievo, immaginando almeno una relativa stabilità nel mese di agosto, quello del “mercato sottile” in cui con pochi movimenti si possono provocare grandi tempeste, ora ha qualche ragione in più di preoccupazione.

L’emergenza resta in agguato e la dimensione dei problemi da risolvere non è in realtà mutata: senza l’avvio di un cambiamento delle politiche e dell’architettura europea la crisi non finirà e l’impatto sociale ed economico delle scelte di austerità rischia di essere tanto alto quanto inutile. Ecco perché non possiamo che continuare a batterci su tre fronti diversi. Due di essi riguardano l’Europa: da un lato è necessario fronteggiare l’instabilità con misure immediate ed efficaci e dall’altro accelerare le decisioni di medio periodo, in effetti ormai abbozzate, verso un diverso equilibrio tra austerità e crescita, e dunque verso una maggiore unione fiscale e una maggiore unione politica. Per domare i mercati serve la politica: su questo terreno Monti ha bisogno del sostegno del Parlamento e dei partiti. La pressione che le forze progressiste europee possono esercitare nei singoli Paesi e a livello dell’Unione è e sarà importante anche nei prossimi mesi.

L’altro fronte è interno e riguarda le scelte che dobbiamo compiere in casa nostra. In questi giorni Camera e Senato hanno affrontato provvedimenti complessi, dal Dl Sviluppo alla Spending Review. Abbiamo fatto la nostra parte ma stanno venendo al pettine nodi molto difficili da sciogliere. In particolare sul Dl di revisione della spesa pubblica – che pure contiene misure positive come la salvaguardia di altri 55.000 esodati e molte risorse per le aree colpite dal sisma di maggio – i tagli sugli Enti Locali e sulle Regioni non ci hanno convinto, per la quantità e per la qualità dell’intervento. Dovremo tornare su questo, anche alla luce delle ultime dichiarazioni del Commissario Bondi che annuncia ulteriori riduzioni. Non si potrà di nuovo fare senza entrare nel merito, senza criteri di grande selettività, se non vogliamo rompere irreparabilmente il rapporto tra Stato e Autonomie e assestare un colpo mortale al sistema dei servizi alle fasce più deboli dei cittadini.

 

Due parole conclusive sulla legge elettorale e sul Pd. Al Senato si è riaperto il dialogo, anche grazie all’intervento deciso del Capo dello Sato. I margini per una mediazione oggi sembrano più vicini ma non si può abbassare la guardia. Il tempo stringe e i cittadini si aspettano di potersi recare alle urne nel 2013 per scegliere un indirizzo di governo e i loro rappresentanti. Con la presentazione della Carta d’intenti e l’avvio degli incontri con partiti, associazioni, movimenti abbiamo fatto un passo nella giusta direzione. Il Pd si conferma l’unica forza politica nazionale attorno alla quale si può raccogliere uno schieramento sociale e politico sufficientemente ampio e affidabile per affrontare con serietà la prossima legislatura. E’ l’unica risposta all’altezza della straordinarietà dei problemi che dobbiamo risolvere e non ci possiamo sottrarre.


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