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2013: Pronti al futuro

19 Luglio 2012


Questa settimana al posto dell'Editoriale di Marina Sereni pubblichiamo il Documento approvato al termine dell'Incontro Nazionale di Areadem svoltosi oggi a Roma


L’Italia uscirà dalla crisi solo riconquistando fiducia. Fiducia in se stessa, nelle sue straordinarie potenzialità, nei suoi talenti, nella capacità di reagire alle difficoltà. Fiducia negli italiani che hanno sempre saputo creare, inventare, ricostruire. Fiducia nel futuro.

L’Italia può e deve tornare a credere in se stessa, nel suo ruolo in Europa e nel mondo.

La condizione perché ciò si realizzi è una rapida uscita dalla drammatica crisi che stiamo attraversando. Ma, la natura strutturale della crisi impone un ripensamento sul fallimentare modello di crescita e di sviluppo finora praticato, fondato sulla illusione della crescita continua ed infinita, su una iniqua redistribuzione delle risorse, sul rovesciamento dell’equilibrio tra economia reale e finanza.

La prospettiva di un non breve periodo di scarsità delle risorse materiali va vissuta, soprattutto in Occidente,  come una occasione per costruire nuovi parametri e riferimenti che mettano al centro della nostra prospettiva una nuova visione della democrazia politica ed economica.

Affinché ciò sia possibile e questa azione di ricostruzione non risulti parziale, fragile e dunque effimera occorre rimettere in gioco la responsabilità della politica, la sua capacità di governare, di fare scelte, di decidere le priorità non rinunciando mai a ricercare il dialogo con le forze sociali e il consenso necessario a sostenere percorsi riformatori che potranno essere anche sofferti, ma che, se non saranno condivisi e accettati, non daranno frutti.

Usciamo da anni recenti, dominati, non solo in Italia ma in Europa, da destre di matrice diversa che hanno avuto in comune una medesima cifra culturale: l’esasperazione individualista, la deregolamentazione, la competitività disumanizzante, la chiusura dell’orizzonte globale che ha prodotto paura, conflitti sociali, tensioni, diseguaglianze crescenti. La prevalenza dell’economia finanziaria su quella reale e delle politiche di rigore finanziario su quelle di sviluppo economico.

In Europa queste culture hanno rafforzato il fronte di risorgenti nazionalismi e hanno inferto colpi molto duri all’europeismo dei popoli, alla cultura dell’integrazione e della solidarietà come premessa ineludibile di uno sviluppo comune fatto di pace, libertà, giustizia.

Le grandi responsabilità delle destre sono aggravate dal fatto che esse hanno sprecato il consenso che gli è derivato dall’aver colto, in molti casi, prima di altri, i germi di modernizzazione che sono venuti crescendo nella società. La crisi delle ideologie e degli Stati nazionali, l’avvento di una globalizzazione sempre più spinta, la domanda di benessere diffuso e la paura della sua perdita sono stati fenomeni di massa e dobbiamo riconoscere le difficoltà delle forze riformiste, progressiste e di sinistra a cogliere appieno questo profondo mutamento sociale. 

Questa deriva ha marginalizzato progressivamente il ruolo della politica. E ciò è accaduto in modo ancor più dirompente nel nostro Paese, dove le destre hanno sperimentato al potere un cinismo arrogante, senza cultura, nutrito di conflitti d’interesse di ogni tipo, che ha prodotto disastri non soltanto dal punto di vista economico e sociale, ma anche da quello civile e istituzionale, demolendo progressivamente l’idea di un destino comune da perseguire, da coltivare, da difendere. In questo deserto di idee, valori condivisi, speranze anche la politica si è persa. Si è degradata la sua credibilità. E’ sfumata la sua capacità di rappresentare. Si è palesata una grave inadeguatezza nella capacità di selezione della classe politica e come risposta si manifestano fortissime spinte populiste ad un annullamento di questa funzione dei partiti.

La politica è gradualmente diventata un problema. La sua inefficienza un costo inaccettabile. La ricerca del consenso si è via via trasformata in inseguimento di segmenti corporativi. L’interesse generale si è frammentato in mille interessi particolari in un mosaico sociale sempre più difficile da ricomporre.

Risalire la china ora è difficile ma indispensabile. Tocca ai democratici, ai riformisti, ai progressisti cercare il cambiamento possibile. In Italia come in Europa.

L’Italia ha già voltato pagina.

L’implosione della larga maggioranza parlamentare che sosteneva all’inizio della legislatura Berlusconi è stata frutto, certo, del fallimento clamoroso del governo e della personale leadership del presidente del consiglio, ma è ingiusto e inaccettabile sottovalutare il peso della battaglia politica delle opposizioni ed in particolare l’iniziativa continua e determinata del Pd e dei suoi gruppi parlamentari nel percorso che ha condotto alla caduta del governo e all’apertura di una nuova, decisiva fase della politica italiana.

Il governo Monti è nato da una crisi parlamentare e in Parlamento ha trovato, grazie anche all’alto magistero costituzionale del presidente della Repubblica, la sua inedita maggioranza per affrontare una delle stagioni più difficile e drammatiche della storia repubblicana. Tutto questo è stato reso possibile dalla responsabilità del Pd che ha anteposto gli interessi del Paese a quelli, legittimi, di parte.

Il governo Monti era ed è la risposta più forte ad un’emergenza che rischiava di travolgere l’Italia: il miglior governo possibile nelle condizioni date.

Dal primo giorno della sua nascita il Pd ha sostenuto con intatta lealtà e determinazione gli obiettivi fissati dal presidente del consiglio per cercare di mettere in sicurezza il Paese. E questo sostegno, che non è mancato neanche nei momenti più critici o sui provvedimenti più discutibili, deve essere rivendicato anche di fronte alle opinioni pubbliche più critiche come un atto di generosità e di responsabilità, l’espressione del nostro patriottismo e della nostra vocazione al bene comune come bene di tutti. Una rivendicazione che non contraddice la nostra scelta di correggere, laddove possibile, le manovre economiche necessarie per il Paese, affinché il loro effetto non divarichi ulteriormente la già profonda diseguaglianza sociale.

Questa scelta è del resto connaturata alla ragione fondativa del Pd come partito aperto alla partecipazione, plurale, proiettato ben oltre le tradizioni culturali e politiche da cui nasce, rappresentativo di mondi, interessi, realtà sociali diverse ma interessate a condividere una visione comune. Un partito solido e solidale, capace di decidere, di coinvolgere, di rinnovarsi, che dia un messaggio ai nostri elettori, chiaro sui contenuti e non arroccato sulla difensiva rispetto una società che chiede cambiamenti anche profondi alla politica.Un partito nuovo, libero da vecchi condizionamenti ideologici, innestato nel tessuto vivo del Paese, capace di entrare in sintonia con il Paese e con le sue dinamiche, con i corpi intermedi, con gli enti locali, rispettoso delle loro autonomie, pronto a fare sintesi e a costruire unità in un momento in cui è assolutamente necessario tornare a fare e a sentirsi comunità.

Siamo grati al presidente del consiglio Monti soprattutto per aver contribuito in modo decisivo al ripristino della credibilità italiana in sede internazionale. Questo patrimonio che Mario Monti ha riconquistato all’Italia lo sentiamo anche nostro. Ed è la consapevolezza di quanto tutto ciò sia importante ed essenziale per quell’opera di ricostruzione di fiducia in Italia e attorno all’Italia che ci spinge a fare tesoro di questa esperienza nella definizione di quella che dovrà essere la nostra proposta di governo al Paese.

Non si tratta di stabilire la misura della continuità o della discontinuità con l’attuale governo. Si tratta invece di condividere gli obiettivi sui quali si costruisce la stabilità, il ruolo e la credibilità futura dell’Italia.

Dobbiamo essere consapevoli della grande responsabilità che deriva al Pd dalla sua forza, dal suo radicamento di partito popolare e nazionale, dalle relazioni internazionali che legano i democratici alle forze progressiste che stanno cambiando la politica europea e ai riformisti che nel mondo sono impegnati a costruire un’alternativa credibile alla crisi delle destre.

Sentiamo di dover corrispondere alle attese di tante persone che ci affidano le loro speranze, le loro domande di futuro, la loro voglia di cambiare le cose, in un Paese dove pesano troppe rendite di posizione, troppe ingiustizie, troppe diseguaglianze.

L’agenda di governo del centro-sinistra, il passaggio ad una nuova fase che condurrà dall’attuale maggioranza parlamentare ad una maggioranza politica espressione del voto dei cittadini,  non potrà prescindere dal lavoro avviato dall’esecutivo Monti, dagli obiettivi economici fissati in sede nazionale e internazionale e dagli impegni conseguenti.

Molte cose importanti sono state fatte. Altre azioni riformatrici sono state impostate ed è stato più complicato tradurre le intenzioni in risultati. Molto rimane da fare.

Risanamento delle finanze pubbliche, contrasto all’evasione e conseguente riduzione delle imposte ormai arrivate a livelli eccessivi, una politica di investimenti pubblici e di incentivi a quelli privati che rimettano in moto il volano economico, lotta ad ogni forma di privilegio, liberazione delle energie migliori, a cominciare dai giovani e dalle donne. Ricostruzione dei presidi di legalità ad ogni livello ed in particolare nelle istituzioni per debellare le troppe forme di corruzioni che minano i diritti dei cittadini.

Ancora troppo lontani sono altri traguardi decisivi: valorizzazione dei migliori talenti, investimenti nella formazione, nella scuola, nell’università, nella cultura. Un modello di sviluppo in cui l’articolazione territoriale (comuni, province, regioni) dovrà essere razionalizzata, ma non potrà essere resa impotente, perché costituisce il collante democratico, economico, sociale che tiene unita la società e ne garantisce uno sviluppo solidale.

Insomma è ancora lunga la strada per fare dell’Italia un Paese moderno, europeo, più giusto, dove i giovani tornino ad avere voglia di vivere il loro futuro.

Il centro-sinistra al governo dovrà accelerare nell'impegno per la crescita, per creare lavoro, per sostenere il reddito delle famiglie, per far ripartire l'Italia.

Potranno essere diversi gli strumenti dell’azione di governo. Saranno probabilmente diverse le strade che condurranno a quegli obiettivi. E diversa sarà, crediamo più giusta ed equa, la ripartizione del peso di scelte che comunque graveranno sulle spalle degli italiani in una stagione che non sarà né breve né semplice.

Attorno al Pd dovremo costruire una coalizione forte e coesa, che veda assieme culture riformiste di diversa espressione e matrice, progressisti e moderati, capaci di costruire consenso e condividere una difficile stagione di ricostruzione democratica, che per molti aspetti dovrà avere il profilo di una vera fase costituente.

Una stagione costituente e di riforme, nella quale si dovrà finalmente metter mano alle necessarie revisioni istituzionali, rese finora impossibili dalle incertezze e dai depistaggi della destra, conservando una bussola fondamentale: e cioè l’idea che la Costituzione deve essere interpretata come fattore di modernizzazione e di sviluppo. La limitazione e la separazione del potere, così come la previsione e le difese di uno spazio giuridico sottratto alle logiche del conflitto “amico/nemico” sono, infatti, condizioni necessarie, oltre che per l’esercizio dei diritti fondamentali, anche per la crescita economica.

Sappiamo anche che non saremo all’altezza della nostra ambizione riformista se non sapremo stare fino in fondo dentro il tempo che ci è dato vivere. Questo vuol dire aggiornare lo statuto dei diritti alla luce del mondo che cambia, alle diverse aspettative delle persone, delle coppie, delle famiglie.
Siamo consapevoli che la dimensione relazionale è essenziale a una società pluralista nelle idee e negli stili di vita. E tutto ciò interroga la politica, la nostra politica perché si apra ai contributi della società e viva nella partecipazione dell'intero partito su temi che percorrono la democrazia: i diritti umani e il rispetto della dignità, la libertà e la responsabilità nella ricerca scientifica e nella procreazione, la qualità del vivere e del morire, le pari opportunità come ridefinizione dell'uguaglianza in un'epoca segnata dall'affermarsi delle differenze, a partire da quelle di genere.
Un mondo nuovo richiede nuovi occhi, il coraggio di rimettere in discussione certezze, riconsiderare il rapporto fra individuo e collettività, fra diritti individuali e riconoscimento della dualità, a partire dal riconoscimento pieno dei diritti delle coppie, omosessuali e non. Anche questo vuol dire stare in Europa e condividerne l'aggiornamento dei valori. Da questo punto di vista auspichiamo che la discussione si allarghi nell'ascolto della società e del partito intero, consapevoli che il nuovo secolo è segnato dal dubbio e dall'incertezza, ma pretende dalla politica confronto, condivisione, decisione.
Il futuro vive già oggi nel cambiamento epocale del web e del digitale: siamo di fronte all' inedito che modifica modi di produzione, di pensiero, di informazione, e pone nuovi interrogativi alla democrazia, in un conflitto fra libertà e fra diritti. Il rischio di un nuovo analfabetismo di massa è alle porte, assieme alla disuguaglianza fondata sull'esclusione dal sapere. Anche su queste nuove ed inedite frontiere si misurerà la qualità della nostra risposta democratica.
In un percorso tanto ambizioso e impegnativo non può esserci spazio per divagazioni populiste o fughe dalla responsabilità dettate esclusivamente dalla ricerca di visibilità. Questo è il momento della chiarezza: il Pd non potrà accettare alleanze a tutti i costi e in nessun caso con chi per calcoli meschini arriva a mettere in discussione i più alti presidi istituzionali.

Una nuova legge elettorale che recuperi il deficit di democrazia nel rapporto tra eletti ed elettori, un programma di governo all’altezza della complessità dei problemi del Paese, una coalizione omogenea e rappresentativa, una premiership solida e affidabile: questo è il percorso che ci dovrà condurre alla fine naturale della legislatura.

Siamo pronti a questa sfida decisiva per il futuro dell’Italia e lavoreremo con ogni energia perché il Pd, con i suoi alleati e con il suo segretario candidato premier, sappia meritare la fiducia della maggioranza degli italiani.

 

 

 


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